(foto da internet)
La prima fase si articolerà in sei puntate in seconda serata, di domenica, in ognuna delle quali sarà selezionato un finalista scelto a partire da una rosa di scrittori esordienti che l'estate scorsa hanno mandato il loro manoscritto alla produzione del programma; i sei finalisti, scelti ogni volta attraverso una serie di prove (la valutazione preliminare della loro opera, una prova di scrittura veloce e un colloquio con una personalità forte dell'editoria), accederanno alla seconda fase del programma che andrà in onda da febbraio 2014, in prima serata, se il format risulterà all'altezza. Il vincitore finale si aggiudicherà la pubblicazione del proprio romanzo da Bompiani con una tiratura di 100mila copie.
A giudicare i partecipanti, in pieno stile talent, tre scrittori per molti versi molto differenti fra loro: Massimo De Cataldo, Andrea De Carlo e Taiye Selasi.
(foto da internet)
Come dice Fillioley, l'idea di Masterpiece è quasi sovversiva, perché strappa la comunicazione della letteratura ai suoi ambienti preposti che spesso l'asfissiano, riconsegnandola a una dimensione che può veramente dimostrare come i libri possano essere popolari, senza che questo divenga per forza una taccia ineliminabile.
Il programma è un format originale, innovativo, per una volta tutto italiano. È stato voluto e difeso dal direttore di Rai3 Andrea Vianello e ha creato qualcosa che prima non c'era (cosa rara per la tv italiana). Così com'è pensato, il talent fa conoscere a fondo gli scrittori, non solo quelli che vorrebbero esordire ma anche i giudici stessi. Anche se la letteratura è poco presente (i concorrenti, ma non tutti, leggono appena un paio di righe del loro romanzo) e spesso prevale la biografia degli autori. Poi le vite degli scrittori al centro della prima puntata avevano più o meno tutte dei risvolti drammatici (l'anoressia, la prigione, il disagio psichico ecc.), in un ambivalente rinnovo del cliché dello scrittore maledetto che però si coniuga inevitabilmente alla spettacolarizzazione televisiva del dolore.
Insomma, si può pure
essere scrittori anche senza essere "casi umani", se si vuole utilizzare l'espressione ricorrente sui social network fra i commentatori più duri del programma.
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