(foto da internet)
Il cibo è, assieme alla moda e al design, uno dei pilastri dell'export italiano. E l'export è, a sua volta, una delle poche voci in crescita di un bilancio nazionale in profonda sofferenza. È normale dunque che l'attenzione si concentri sugli exploit del vino, del milione di ettari coltivati in modo biologico e dei 249 prodotti tipici. Ma se ci si fermasse qui non si capirebbe perché l'Italia è il secondo paese manifatturiero d'Europa e si perderebbero di vista le radici tecnico scientifiche che da secoli costituiscono l'altra faccia della creazione del bello: l'attenzione all'uso delle risorse, all'innovazione, alla ricerca. E invece, a sorpresa, salta fuori il volto di un'agricoltura che non solo vince la scommessa sulla qualità, ma cresce legandosi ad antichi saperi nel settore della meccanica.
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Un settore, quello agricolo, su cui è rimasta attaccata un'immagine vecchia: la fuga dai campi, l'abbandono. Questo fenomeno è stato vero per decenni, ma oggi i numeri raccontano un'altra storia. In parte per il maggiore appeal dell'agricoltura di qualità, in parte per la crisi che ha chiuso altre porte, nel 2012 è stato registrato in campo agricolo il più elevato aumento nel numero di lavoratori dipendenti: un incremento del 3,6% a fronte di un andamento generale del mercato del lavoro segnato dal continuo e drammatico aumento dei livelli di disoccupazione.
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