martedì 28 febbraio 2012
Periodo ipotetico
lunedì 27 febbraio 2012
In ricordo della scuola genevose
venerdì 24 febbraio 2012
Un aiutino per i nervosi
Farmacia canzonissima. Questo almeno è quanto sostiene un libro appena uscito negli Usa dal titolo che è tutto un programma - ovviamente discografico: "La tua playlist ti può cambiare la vita". La playlist, si sa, è la raccolta personalizzata di canzoni: un'espressione diventata popolarissima negli ultimi anni grazie all'espansione della musica digitale e dei lettori come gli iPod e gli mp3, che ci permettono appunto di organizzare la nostra discoteca dando dei nomi particolari a dei programmi particolari.
E così come possiamo raccogliere le nostre canzoni in una playlist, chessò, di musica da ballare, o musica per bambini, o musica per viaggiare, gli psicologi autori di questo nuovo studio ci suggeriscono adesso di costruire una playlist per migliorare il nostro benessere.
Galina Mindlin, Don Durousseau e Joseph Cardillo sono tre big della psicologia e della divulgazione. E lo studio si presenta proprio come un manuale: "10 modi per cui la vostra musica favorita può rivoluzionare la vostra salute, memoria, organizzazione, attenzione e molto di più". Gli americani, si sa, sono fatti così: tutta ginnastica, anche per la mente. Ma lo dice anche quello snob inglese di mister Sting: "La vostra mente è uno strumento potente e questo libro vi aiuterà a rimodellare il ritmo della vostra vita".
Naturalmente nelle playlist c'è anche lui: Every Breath You Take dei suoi Police è - come Imagine - tra i brani che mettono calma ("grazie a quel ritmo trascinante che fa rilassare corpo e mente"). Altro esempio di canzone che riduce l'ansia? New York New York: sì, proprio l'inno di Frank Sinatra alla città che non dorme mai è al contrario estremamente rilassante per via di quel ritmo dondolante (27 beat al minuto, dicono gli esperti) che ammalia. Per non parlare di quella canzone positiva già nel titolo, Here Comes The Sun dei Beatles: come fai a non rasserenarti al pensiero del sole che arriva?
E se i Favolosi Quattro sono ideali per il relax, i loro sempiterni rivali serviranno naturalmente a ridarci la carica: e Brown Sugar dei Rolling Stones, che mica tanto velatamente già accennava appunto all'aiutino sintetico, è infatti nella lista delle canzoni che danno energia. Dove i nostri esperti hanno moltiplicato davvero gli sforzi: costruendo playlist particolari che creano uno stato di allerta che aumenta proporzionalmente con la velocità appunto dei beat per minuto, in codice Bpm.
Così da Pride (The Name of Love) degli U2, 106 Bpm, si finisce a Don't Phunk with My Heart del Black Eyed Peas, 130 Bpm, passando per Lady Madonna sempre dei Beatles, 110. Oppure da Back on the Chain Gang dei Pretenders, 138 Bpm, l'ideale da mettere su per ritrovare l'energia per mettere a posto la casa, si sale fino a The Power of Love di Huey Lewis and the News, 155 Bpm.
E' proprio nella costruzione delle playlist l'aspetto scientifico più interessante di tutta l'operazione. In fondo lo dice anche il detto popolare: canta che ti passa. E un altro scienziato come Daniel Levitin aveva già chiarito in "Sei canzoni" che tutta la musica di questo mondo si potrebbe appunto ridurre a sei prototipi emozionali.
Ma i tre psicologi vanno oltre: notando come ritmo, armonia, risonanza e sincronia sono fra l'altro termini musicali che vengono sorprendentemente usati anche nello studio del cervello. E che i ritmi del cervello, viceversa, sono organizzati con gli stessi principi della musica. Noi stessi, dicono, siamo musica: "La prima musica codificata nella nostra memoria è proprio la prima vibrazione che ci ha generato: il ritmo delle nostre prime cellule". "Imagine" te stesso: la droga naturale che ci portiamo dentro.
martedì 21 febbraio 2012
I cornetti caldi saranno vietati a Roma
Il giudizio è unanime: «Ripensateci». Sabato. Ore due di notte. Una folla di giovani è assiepata sulle scalinate del «Sorchettaro» in via Cernaia, a due passi da Porta Pia. Antonio Lambiase sforna circa 700 «sorchette con doppio schizzo» (una sorta di lungo cornetto con una spruzzata di panna e cioccolata all'interno), cinquecento cornetti e migliaia di altri tipi di paste a notte. «Qui lavoriamo in otto - dice Lambiase - Se passano le misure previste dal Comune dovrò mandare tutti a casa e chiudere bottega». Il «Sorchettaro» apre alle undici e chiude la mattina alle sette. Massimiliano Agrestini, 22 anni, si trova spesso qui con gli amici per una piccola concessione ai peccati di gola: «Non si capisce la filosofia di queste misure, mangiare un cornetto mi pare una cosa innocua. Comprendo i divieti all'alcol ma non questi». Ancora più drastico Ivano Zacheri che con gli amici mangia una «sorchetta»: «Toglietemi tutto questo e mi sento perso, per noi ragazzi è un rito. Si dovrebbe pensare ai delinquenti e non a mettere divieti per la gente onesta».
Ma la notte è ancora giovane. Via Barletta. Vicino alla metro Ottaviano. La cornetteria «Dolce Maniera» è un'istituzione in Prati. Non tutti sono a conoscenza di quello che bolle in pentola. Federico Palumba arriva alle tre di notte per mangiare un cornetto con un amico. E non si capacita quando sente le voci preoccupate che circolano: «Non sapevo di questa ipotesi, se dovessero chiudere queste attività sarebbe assurdo. Sono allibito». «Dolce Maniera» non dorme mai. È aperta tutti i giorni. «Siamo qui da 16 anni - racconta con rammarico il titolare Antonio Sgrò - qui vengono centinaia di persone, soprattutto d'inverno. È una zona tranquilla. Mai shiamazzi o una rissa. Qui lavorano trenta persone. Bisogna pensare anche a loro».
Ma quelli più arrabbiati di tutti sono i ragazzi che passano la notte in zona Marconi. Alle quattro di sabato notte decine di macchine affollavano via Oderisi da Gubbio. Il «Cornettone» era strapieno. Non c'è un cliente che intenda rinunciare a venire qui. Adriana Capeti si sfoga mentre mangia un cornetto: «È una tradizione romana. Non la puoi cancellare. E poi io quando torno a casa a piedi sono tranquilla perché la strada è illuminata e c'è tanta gente. Con i locali chiusi sarebbe una via buia e avrei paura». Il proprietario Antonio Schina non si capacita: «Non mi pare che tutta questa gente voglia andare a dormire», commenta ironico, «se dovessi chiudere di notte - aggiunge - dovrei anche mandare a casa almeno tre persone».
domenica 19 febbraio 2012
Le propietà del caffè
A godere di questo vantaggio sono tuttavia le donne che vedono mostrarsi i benefici della tazzina nel caso del cancro dell’endometrio.
È il tessuto superficiale che si trova nel corpo dell’utero, orientato verso la cavità interna, quello che viene chiamato endometrio. Detto tessuto è ricco di ghiandole ed è particolarmente influenzato dai cambiamenti ormonali che si verificano durante l’età fertile, nel periodo del ciclo mestruale. Il tipo di cancro che si sviluppa nel rivestimento dell’utero è uno dei più diffusi e invasivi tumori ginecologici. Gli scienziati associano all’aumento di rischio fattori come alti livelli di ormoni estrogeni e altrettanti di insulina nel sangue.
Gli ormoni però possono essere tenuti a bada proprio gustandosi un buon caffè. E lo dimostrano, dati alla mano, i ricercatori del Dipartimento di Nutrizione della Harvard School of Public Health (Usa) coinvolti nello “Studio Nurses’ Health”.
Coordinati dalla dottoressa Youjin Je, gli scienziati hanno analizzato i dati relativi a oltre 67mila donne di età compresa tra i 39 e i 54 anni. I risultati dello studio, precedentemente pubblicati sulla versione online di Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention - di cui abbiamo dato notizia - e ora ufficializzati, mostrano in definitiva come vi sia una relazione inversa tra il consumo di caffè e i tassi d’incidenza del tumore tra le donne.
Il periodo di follow-up è durato ventisei anni – dal 1980 al 2006 – e durante questo lasso di tempo, ogni quattro anni, le donne partecipanti allo studio hanno dovuto riferire con quale frequenza consumavano caffè rispetto all’anno precedente.
Con i dati raccolti, gli scienziati hanno poi calcolato un’assunzione media cumulativa. In questo modo era possibile proiettare nel tempo un modello di consumo relativo a ogni singola partecipante.
Il caffè ha così dimostrato di fare in qualche modo la differenza: nelle donne che assumevano quattro tazze al giorno avevano avuto, in media, il 25 percento in meno di probabilità di sviluppare il cancro dell’endometrio. E questo dato valeva per coloro che assaporavano un caffè classico, con il suo normale contenuto di caffeina. Ma per quelle che invece preferivano il caffè decaffeinato cosa accadeva? Bene, anche nel caso del decaffeinato il caffè si è dimostrato un potenziale preventivo: chi sorbiva due o più tazze al giorno vedeva ridursi il rischio di cancro dell’endometrio del 22 percento – una percentuale anch’essa significativa.
Attenzione però, avvertono i ricercatori, per godere delle proprietà benefiche delle sostanze contenute del caffè non bisogna consumarlo troppo zuccherato o con l’aggiunta di grassi, poiché in questo modo si annullerebbero questi effetti positivi.
Quanto al possibile rischio legato alla elevata presenza di ormoni estrogeni, i dati raccolti hanno anche mostrato che nelle donne che consumavano più caffè questi livelli erano più bassi, rispetto alle partecipanti che bevevano poco o niente caffè.
«Questo è uno studio osservazionale – l’assunzione di caffè era auto-decisa, non randomizzata – così il nostro studio non può dimostrare la relazione causale tra caffè e rischio di tumore dell’endometrio, tuttavia abbiamo scoperto un’associazione inversa tra caffè e rischio di tumore dell’endometrio – sottolinea Youjin Je – Quattro o più tazze di caffè possono contribuire a ridurre il rischio di tumore dell’endometrio abbassando i livelli di estrogeni e insulina che sono collegati alla carcinogenesi endometriale a causa di aumento della proliferazione cellulare e morte cellulare ridotta».
venerdì 17 febbraio 2012
Il ponte dei sospiri
giovedì 16 febbraio 2012
mercoledì 15 febbraio 2012
martedì 14 febbraio 2012
Le donne al palio
domenica 12 febbraio 2012
La gamugia
Preparazione
mercoledì 8 febbraio 2012
World rhapsody
qualche altra parte...
venerdì 3 febbraio 2012
mercoledì 1 febbraio 2012
Il decalogo della manipolazione sociale
Le dieci strategie di manipolazione secondo Chomsky sono le seguenti:
1. La strategia della distrazione: distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dal “potere” con un flusso continuo di informazioni, spesso insignificanti.
2. Creare il problema e poi offrire la soluzione: si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico, in modo che sia questa la ragione delle misure che si desidera far accettare.
3. La strategia della gradualità: per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni 80 e 90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4. La strategia del differire: un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, guadagnando in quel momento il consenso della gente per una sua applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro he un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5. Rivolgersi alla gente adulta come a dei bambini: la maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse un bambino di pochi anni o un deficiente.
6. Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione: sfruttare l’emotività per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e del senso critico.
7. Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità: far sì che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e il suo asservimento.
“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori".
8. Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità: spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti.
9. Rafforzare il senso di colpa: far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile delle proprie disgrazie per insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In poche parole, indurre alla non-azione. (E senza azione non c'è rivoluzione).
10. Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca: il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca se stesso. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.
Fonte: Visionesalternativas.com