La coda alla vaccinara è una ricetta nata nel cuore di Roma, nel rione Regola, dove, una volta, abitavano i vaccinari, e cioè i macellai. Questo piatto tipico della cucina romana è considerato il re del quinto quarto, ovvero quel che rimane della bestia vaccina dopo che sono state vendute ai benestanti le parti pregiate. Del quinto quarto fanno parte la coda, la trippa, la cosiddetta pajata (l'intestino tenue), il cuore, la milza, e tutte le frattaglie.
Esistono due versioni principali del piatto in questione che si differenziano soprattutto nella parte finale della preparazione, dove in una viene preparata una salsa a base di cacao amaro, pinoli e uva passa, mentre nell'altra no.
La prima versione è quella indicata anche da Ada Boni nel suo libro La cucina romana (1929). L'autrice, propone, con la stessa carne, un primo piatto con il brodo ottenuto lessando la coda, e poi un secondo di carne costituito dalla coda alla vaccinara vera e propria.
La coda, quindi, veniva inizialmente fatta lessare, in modo tale che il brodo si potesse utilizzare per altri piatti. La carne, al contempo, continuava la cottura in un tegame dove era stato fatto soffriggere un trito di aglio, cipolla, prezzemolo, carota, lardo e una fettina di prosciutto. Quindi veniva aggiunta un po' di salsa di pomodoro, parte del brodo e il sedano sbollentato. La cottura proseguiva fino a che la salsa non si era ristretta.
L'altra versione è un piatto più ricco, che si poteva trovare più nelle trattorie e nei ristoranti. L'elaborazione richiede molto tempo. Si prepara così: si prende una coda di bue e si fa spurgare per circa 4 ore in acqua fredda. Si taglia a tocchi, e la si mette a rosolare con un trito di lardo (o guanciale) e olio. Appena rosolata si aggiunge una cipolla tritata con due spicchi d'aglio, dei chiodi di garofano, sale e pepe. Si fa evaporare l'acqua buttata fuori dalla coda, si sfuma con del vino bianco secco si fa cuocere per un quarto d'ora coperta. Quindi si aggiunge un chilo di pomodori pelati a pezzi.
Si lascia cuocere per circa un'ora, poi si allunga la salsa con dell'acqua calda fino a coprire la coda, si incoperchia nuovamente e si prosegue la cottura per altre 3 ore. Nel frattempo si lessa del sedano. Appena pronto, si scola e si mette in un tegame con un po' di sugo della coda, i pinoli, l'uva passa e il cacao amaro. Questa salsa va fatta bollire per qualche minuto e poi va versata sulla coda al momento di servire.
Il ristorante della capitale che ha saputo mantenere lo spirito di questo piatto povero, è, senza dubbio, Er Checchino, nel quartiere di Testaccio. L'indirizzo è il seguente: Via di Monte Testaccio 30.
Buon appetito!
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