venerdì 15 aprile 2011

Modigliani: le teste, la casa e lo scherzo

(foto da internet)


Dopo numerosi litigi, polemiche al vetriolo, promesse, ritardi e, in mezzo, un’inspiegabile chiusura, riapre a Livorno, anche se in fase sperimentale la casa natale di Amedeo Modigliani. Si trova in via Roma 38, già via Maremmana, nel centro della città toscana. Le visite (prezzo d'ingresso 5 euro) sono gestite dalla Cooperativa Amaranta.
La proprietà della casa è dei fratelli Guastalla. Guido Guastalla è editore, libraio e assessore alla cultura della comunità ebraica livornese. Suo fratello Giorgio è titolare di una galleria d’arte.
Avviso gratis per gli appassionati d'arte: la casa natale di Modigliani non è un museo-capolavoro! Nell’appartamento, in parte rimodernato, non ci sono dipinti originali. Vi sono però documenti e fotografie negli anni livornesi del pittore prima della partenza per Parigi e alcune testimonianze sull'artista nella capitale francese fino alla morte, avvenuta nel 1920. Modì imparò qui i primi rudimenti della pittura. L’arredo è semplice e cerca di ricostruire i mobili della famiglia Modigliani. Vi sono anche foto che ritraggono il pittore durante l’infanzia e l’adolescenza, copie di dipinti firmati dall’artista e un video che rappresenta l’universo artistico dell'artista. Mentre ci godiamo la riapertura della casa natale del geniale pittore toscano, si riaccende la polemica (e la leggenda) sulle teste, scolpite da Modigliani che questi avrebbe gettato nei Fossi Reali di Livorno prima di andarsene a Parigi.

Secondo le ultime voci, l'episodio ebbe dei testimoni eccellenti: i pittori Mario Natali, Gino Romiti, Corrado Michelozzi e il fotografo Bruno Miniati. Ma facciamo un passo indietro.

Siamo nel 1984, si celebra il centenario della nascita di Amedeo Modigliani. Il Museo Progressivo di Arte Moderna di Livorno decise di allestire una mostra in omaggio all’illustre cittadino. Il progetto venne affidato alla conservatrice del museo, Vera Durbè, con la collaborazione del fratello Dario, sovrintendente alla Galleria d’Arte Moderna di Roma.

Per arricchire la mostra, i due esperti decisero di utilizzare delle scavatrici per perlustrare il Fosso Mediceo, dove nel 1909, secondo la leggenda urbana, Modigliani avrebbe gettato alcune delle sue sculture, prima di partire per Parigi. Il comune di Livorno non esitò a finanziare le ricerche, ma, dopo alcuni giorni di lavoro, delle sculture di Modigliani non c’era traccia. All’improvviso, come per magia, all’ottavo giorno venne trovato un oggetto. Si trattava di una testa di granito scolpita. Poche ore più tardi la ruspa tirò fuori dal Fosso altri due blocchi di pietra, anch’esse raffiguranti delle teste.

Per Vera Durbè e suo fratello non ci furono dubbi: le opere appartenevano a Modigliani. Livorno venne letteralmente invasa da turisti e dai mass media di tutto il mondo: turisti, curiosi, giornalisti e critici d’arte si precipitarono nella città toscana impazienti di ammirare gli straordinari ritrovamenti. I grandi maestri della critica italiana, Argan, Ragghianti e Brandi, applaudirono l’impresa.

Orbene, mentre presso il Museo Progressivo di Arte Moderna di Livorno si preparavano i festeggiamenti per l’incredibile ritrovamento, una notizia piombò come un fulmine a ciel sereno: tre studenti di Livorno, Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Guarducci, in un’intervista rilasciata al settimanale Panorama, dichiararono di essere gli autori della seconda testa pescata del Fosso! I tre giovani affermarono che volevano fare uno scherzo adoperando un semplice trapano elettrico Black & Decker.




A conferma di quanto detto, il settimanale pubblicò alcune foto scattate dei tre studenti in un giardino nel momento stesso in cui compivano l’opera. Per fugare i residui dubbi, i falsari vennero invitati in televisione, in prima serata, per ripetere dal vivo il loro esperimento davanti a dieci milioni di telespettatori.

Ciononostante, la resistenza dei fratelli Durbè, e di gran parte della critica, resistette. C’erano ancora due teste ritrovate, che per loro stessa ammissione, i tre ragazzi non avevano scolpito. Il sipario cadde sull’operetta una decina di giorni dopo, quando si venne a sapere che l’idea di farsi beffa dell’altezzoso mondo dell’arte era balzata in testa anche ad Angelo Froglia, lavoratore portuale e scultore. A differenza dei tre studenti, Froglia aveva motivazioni più profonde, paragonandosi, addirittura, al mitico Christo, l’impacchettatore di monumenti! La sua, insomma, era una vera e propria opera d’arte! Risultato: gli esperti furono ridotti al silenzio e coperti di ridicolo.

Tutto il mondo seppe dunque della beffa di Livorno. Tutta la vicenda giovò alla celebre marca di trapani elettrici Black & Decker, che impostò la sua campagna pubblicitaria sulle straordinarie potenzialità del prodotto.



(foto da internet)

Orbene, molti anni dopo, c'è chi sostiene che le sculture esistono davvero e che non furono gettate nel punto dove si cercarono nell'84, bensì qualche centinaio di metri più avanti. Lo afferma il professor Sumberaz che sostiene di aver assistito, negli anni '50, ad una scena sulla spalletta dei Fossi Reali di Livorno. Secondo Sumberaz, quel giorno sul ponte c'erano appunto Natali, Miniati, Romiti e Michelozzi che stavano discutendo animatamente di un episodio. Ma lasciamo la parola al professor Sumberaz:


Le sculture, se esistono, sono ancora nei Fossi? No. Purtroppo, alcuni anni fa i Fossi Medicei livornesi vennero puliti con draghe attrezzate che raccolsero dal fondo detriti di ogni genere. I detriti vennero caricati su grandi barconi e scaricati in mare. Le teste di Modigliani, se esistono, dovrebbero riposare nel Tirreno. Non sarà meglio?

1 commento:

maurizio ha detto...

http://www.mypizzart.it/1/archivio_2143546.html

questa è l'arte di Modigliani vista dalla mia cucina :)
senza black£decker ma con tanta salsa tartufata e scamorza :)))


scherzi a parte, l'articolo è interessante.