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(foto da internet)
Ho visto, per caso, una donna africana che aveva sulla testa una bacinella azzurra. In perfetto equilibrio,
senza scomporsi, camminava portando un peso sul capo. La
donna era alta, più alta di me e non sono riuscito a vedere che cosa
vi avesse riposto. Teneva per mano, con la destra, un
bambino piccolo, di sei o sette anni. Indossava un vestito giallo ocra e marrone che le arrivava sino alle caviglie.
Mi sono ricordato delle donne del mio
paese quando, molti anni fa, anch'esse portavano dei pesi considerevoli in equilibrio
sul capo o con l'aiuto di una sola mano. Andavano o tornavano da un
lavatoio municipale, quando in casa non c'erano ancora le lavatrici. Lavavano i panni a mano, nell'acqua gelida, a volte col sapone fatto in casa.
Per portare conche e bacinelle, utilizzavano un panno avvolto il cui nome ho scoperto solo oggi. È stata una specie di rivelazione, di epifania.
(foto da internet)
Ho sempre saputo il suo nome in
dialetto. Ci sono parole che si sono depositate nella nostra memoria solo ed esclusivamente in una determinata lingua, in uno spazio privato che appartiene a ciascun individuo e ad un lessico familiare. Il panno avvolto che la donna africana portava ha fatto da madeleine, e da capo della matassa, in cui avvolgere i miei ricordi.
Nel termine dialettale, immediato, nitido, presente vi è l'identità di un gruppo di persone, il suo significato, la memoria profonda, il codice utile.
Attraverso lo spagnolo ho
ricostruito il nome in italiano del panno avvolto sulla testa della donna
africana, ho ricostruito un'umile corona che le donne del mondo portano, e hanno portato, sulla testa.
In italiano si dice cercine; proviene dal latino cĭrcĭnus, «compasso, cerchio», derivato di cĭrcus «circonferenza», ed è, appunto, il panno ravvolto in forma di cerchio che si mette sul capo per sostenere pesi.
Nel dialetto del mio paese si dice coròjja, dal latino corolla, «ghirlanda, piccola corona», con approssimante palatale [jj].
Chissà come si dirà nelle lingue africane?
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