lunedì 30 marzo 2020

In un momento



In un momento


In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose

P. S. E così dimenticammo le rose.

(per Sibilla Aleramo)

(da Canti Orfici, Dino Campana)

venerdì 27 marzo 2020

Passioni





PASSIONI

Sono fatte di lacrime e di sangue
e d'altro ancora. Il cuore
batte a sinistra.

(da Il canzoniere, Umberto Saba)

mercoledì 25 marzo 2020

Dolore di cose che ignoro






Dolore di cose che ignoro


Fitta di bianche e di nere radici
di lievito odora e lombrichi,
tagliata dall'acque la terra.

Dolore di cose che ignoro
mi nasce: non basta una morte
se ecco più volte mi pesa
con l'erba, sul cuore, una zolla.

(da Acqua e terre, Salvatore Quasimodo, 1943)

lunedì 23 marzo 2020

Amore della vita




Amore della vita


Io vedo i grandi alberi della sera

che innalzano i cieli dei boulevards,

le carrozze di Roma che alle tombe

dell' Appia antica portano la luna.

Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.

Pure, lunga la via fu alla sera

di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo

alle luci sorgenti ai campanili

ai nomi azzurri delle insegne, il cuore

mai più risponderà?

Oh, tra i rami grondanti di case e cielo

il cielo dei boulevards

cielo chiaro di rondini!

O sera umana di noi raccolti

uomini stanchi uomini buoni,

il nostro dolce parlare

nel mondo senza paura.

Tornerà tornerà,

d' un balzo il cuore

desto

avrà parole?

Chiamerà le cose, le luci, i vivi?

I morti, i vinti, chi li desterà?

(da Amore della vita, 1944, Alfonso Gatto)

venerdì 20 marzo 2020

Nessuna parola



Nessuna parola


Poiché non mi veniva nessuna parola
(la parola era "addio", ma non riuscivo a dirla)
ti ho dato il mio silenzio
ed ho ascoltato il tuo,

e non è stato un vuoto, ma condivisa pienezza
e ancora gioia, mentre accettavamo,
come la terra, un nostro tempo di neve,
bianco grembo d'attesa delle future estati.

(da Inno alla gioia, Margherita Guidacci)

giovedì 19 marzo 2020

No, non tornare

No, non tornare

No, non tornare, avrei crudo sgomento
e mi toglieresti a questi dolci sogni
o forse troveresti che disfatta
è la mia carne e la mia croce viva,
non tornare a vedermi, sono in pace
con le sfere assolute dell’amore
e mi giaccio scoperta e solitaria
come una rosa sfatta nel sereno.
(da Destinati a morire, Ada Merini, 1980)

mercoledì 18 marzo 2020

Passerò per Piazza di Spagna




Sarà un cielo chiaro.
S’apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell’aria ferma.
I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l’acqua nelle fontane –
sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l’odore della pietra e dell’aria
mattutina. S’aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.

Sarai tu – ferma e chiara.

Cesare Pavese
[28 marzo 1950]

da Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1951

martedì 17 marzo 2020

Soldati

Soldati
Si sta come

d’autunno
sugli alberi
le foglie

(Bosco di Courton luglio 1918)
Giuseppe Ungaretti

lunedì 16 marzo 2020

Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

[da Ossi di seppia, Eugenio Montale]


mercoledì 11 marzo 2020

Restando a casa

Risultato immagini per #iorestoacasa
(foto da internet)

È la nuova iniziativa di Repubblica. In Italia circola #iorestoacasa, ma, vista la situazione anche qui in Spagna, lo condividiamo con i chiodini, sperando che la responsabilità ed il senso civico abbiano la meglio. 

Un caro saluto a tutti i chiodini! E tanta pazienza!


Restare a casa. E riscoprire tutto ciò che non riusciamo a fare, che abbiamo trascurato, che abbiamo dimenticato. Costretti a occuparci di qualcosa che, sorpresa, ci piace, ci diverte, ci arricchisce. Ci aiuta a ingannare l'attesa e la paura. Ci accompagna nell'esercizio della pazienza. Riaprire il libro che avevamo dimenticato d'avere, rileggere quello che amammo tanto tempo fa, trovarne uno nuovo, fra i tanti che abbiamo comprato, quelle volte in libreria, poi abbiamo lasciato lì perché le nostre giornate ci chiamavano ad altro.

Risultato immagini per roma deserta
(foto da internet)

Ascoltare buona musica, anche quella cattiva per parlarne al telefono con gli amici e dirci "non l'ascolterò mai più". Vagare tra i vecchi vinili, cercare quel cd che non sentivamo da anni, approfittare delle Rete per conoscere le novità che ci sono sfuggite. Addormentarsi, anche, leggendo o ascoltando musica. O stare svegli davanti a un thriller che ci spezza il fiato, piangere con quel film romanticissimo, aggredire le cento puntate di quella serie disponibile su una piattaforma streaming e fare le ore piccole in attesa che arrivino i nostri, che l'amore trionfi, che vinca il migliore, che il sole sorga ancora. Perché domani è un altro giorno, Rossella O'Hara ce lo ripete da ottant'anni, ci dobbiamo fidare.



Risultato immagini per venezia deserta
(foto da internet)

Ecco il senso di Restando a casa, la nuova iniziativa di Repubblica che prova a suggerirvi in che modo occupare il tempo che abbiamo davanti, obbligati a cambiare le nostre abitudini, forti del nostro senso di responsabilità. I consigli di lettura, la musica, la tv, i giochi da fare per ritrovarsi intorno a un tavolo, in famiglia, e riscopire le facce dietro ai display di uno smartphone. Le firme di Repubblica lavorano anche a questo: cercano, trovano e vi dicono quel che c'è di buono e, forse non lo sapete, avete già a portata di mano. Questo Speciale è qui per questo: seguiteci ogni giorno, perché lo arricchiamo di continuo. C'è tanto mondo dentro le pagine di un libro, in un buon disco, in un bel film quanto ne ritroveremo quando torneremo a riveder le stelle. È solo questione di tempo. Sfruttiamolo al meglio.

lunedì 9 marzo 2020

Corone


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(foto da internet)


Ho visto, per caso, una donna africana che aveva sulla testa una bacinella azzurra. In perfetto equilibrio, senza scomporsi, camminava portando un peso sul capo. La donna era alta, più alta di me e non sono riuscito a vedere che cosa vi avesse riposto. Teneva per mano, con la destra, un bambino piccolo, di sei o sette anni. Indossava un vestito giallo ocra e marrone che le arrivava sino alle caviglie.
Mi sono ricordato delle donne del mio paese quando, molti anni fa, anch'esse portavano dei pesi considerevoli in equilibrio sul capo o con l'aiuto di una sola mano. Andavano o tornavano da un lavatoio municipale, quando in casa non c'erano ancora le lavatrici. Lavavano i panni a mano, nell'acqua gelida,  a volte col sapone fatto in casa.
Per portare conche e bacinelle, utilizzavano un panno avvolto il cui nome ho scoperto solo oggi. È stata una specie di rivelazione, di epifania. 


(foto da internet)


Ho sempre saputo il suo nome in dialetto. Ci sono parole che si sono depositate nella nostra memoria solo ed esclusivamente in una determinata lingua, in uno spazio privato che appartiene a ciascun individuo e ad un lessico familiare. Il panno avvolto che la donna africana portava ha fatto da madeleine, e da capo della matassa, in cui avvolgere i miei ricordi. 
Nel termine dialettale, immediato, nitido, presente vi è l'identità di un gruppo di persone, il suo significato, la memoria profonda, il codice utile.
Attraverso lo spagnolo ho ricostruito il nome in italiano del panno avvolto sulla testa della donna africana, ho ricostruito  un'umile corona che le donne del mondo portano, e hanno portato, sulla testa.
In italiano si dice cercine proviene dal latino cĭrcĭnus, «compasso, cerchio», derivato di cĭrcus «circonferenza», ed è, appunto, il panno ravvolto in forma di cerchio che si mette sul capo per sostenere pesi.  
Nel dialetto del mio paese si dice coròjja, dal latino corolla«ghirlanda, piccola corona», con approssimante palatale [jj]. 
Chissà come si dirà nelle lingue africane?


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venerdì 6 marzo 2020

I Viceré (oltre il cinema)


(foto da internet)


Il romanzo I viceré, scritto da Federico De Roberto, narra l’epopea d’una antica famiglia catanese d’origine spagnola: gli Uzeda di Francalanza.
Il romanzo si svolge in una Sicilia feudale e borbonica nella quale la storia dell'isola e la storia d’Italia, entrano, a poco a poco, a far parte della sagra della famiglia.
La storia inizia con la morte di Teresa Uzeda, Principessa di Fracalanza, matriarca spietata, radice del gruppo familiare, manipolatrice dei destini della sua prole.
La storia va dal 1855 al 1882, e ha come sottofondo grandi avvenimenti: la fine del Regno delle due Sicilie, lo sbarco di Garibaldi, il plebiscito e l’annessione, la liberazione di Roma, l’avvento della sinistra al potere.







(foto da internet)

Nel romanzo è spiccata la caratterizzazione dei personaggi che man mano si vanno delineando, con una messa in scena, cruda e realistica, di una stirpe cinica e potente in cui l’orgoglio prevale su ogni sentimento.
Il regista Roberto Faenza  girò un film omonimo, tratto dal romanzo di De Roberto, che arrivò nelle sale cinematografiche nel 2007.

Due attori del cast de I viceré, Alessandro Preziosi e Cristiana Capotondi, lanciarono per l'occasione un'interessante iniziativa intitolata Crea il tuo trailer. Proposero ai navigatori di scaricare del materiale da internet per allestire un trailer del film in questione. I cinque migliori trailer furono premiati (a dir il vero ce ne furono sei, dato che un premio venne assegnato ex aequo) dalla Jean Vigo Italia e dagli studenti del master sul cinema promosso dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione, della Sapienza di Roma e da Rai Cinema






(foto da internet)

Massimo Chiarappa, un giovane di Bari, venne scelto come il miglior regista amateur e partecipò attivamente alla realizzazione del trailer ufficiale del film (vedi>>).
Oltretutto, grazie alla collaborazione del pubblico e a un'attenta strategia di marketing, la prima del film venne corredata da un ulteriore coinvolgimento dei navigatori: venne lanciato un gioco in cui gli interessati dovevano completare l'albero genealogico della famiglia Uzeda. I vincitori parteciparono ad alcune anteprime del film che si tennero in varie città italiane.
Poco dopo la prima nazionale, venne messa a concorso la sceneggiatura del film, corredata da foto e interviste inedite agli attori principali. Per vincere il libro, pubblicato da Gremese Editore gli spettatori dovevano individuare i personaggi che pronunciavano alcune battute nel film.
L'iniziativa riscosse un grande successo e cominciò a segnare la strada per una stretta collaborazione tra cinema, letteratura e web.

mercoledì 4 marzo 2020

L'anno che verra!!!

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(foto da internet)


Alle prese con il Coronavirus, in una Italia bastonata ricordiamo Lucio Dalla con la canzone L'anno che verrà. questa volta però dedicata al virus che ci tiene tutti un po' sulle spine

Caro virus ti scrivo
Così mi distraggo un po'
E siccome mi hai rotto i maroni
Più forte ti scriverò

Da quando sei arrivato
C'è una grande novità
L'Amuchina c'ha il prezzo spanato
Anche in modica quantità

Si esce poco la sera, e con la mascherina
Ho uno zio ch'era andato a Codogno
L'hanno chiuso giù in cantina

E si sta sempre a tossire sia di giorno che di sera
Ordinando al ristorante cinese si rischia la galera

Ma il ministro Speranza ha detto che in qualche giorno
La situazione sarà certo più chiara, anche se non ne sa un corno
Si tornerà ad uscire, scorderemo questo guaio
Mi piacerebbe fidarmi però, accanto a lui c'era Di Maio

Torneremo a teatro, nel cinema, allo stadio
Anche il tizio che sta con mia moglie
Potrà uscire dall'armadio

E si farà l'amore ognuno come gli va
Prenderemo pastiglie celesti
Ma soltanto a una certa età

E senza grandi disturbi qualcuno sparirà
Saranno forse i giornali allarmisti
E i razzisti di ogni età

Vedi caro virus, cosa ti scrivo e ti dico
E come sono ottimista
Di ritornare presto in pista

Vedi vedi vedi vedi
Vedi caro virus
Che pure dentro al tinello
Provo a non spegnere il cervello

E ora che il mondo mi considera un migrante
Ma che ipocrisia
Non me ne frega una mazza
Se poi mi aiuta a casa mia

Questo virus di melma
Tra poco passerà
Non mi fa 'sta paura
È questa la novità



domenica 1 marzo 2020

Danzare è sognare con i piedi




(foto da internet)

Quest'anno Carla Fracci compirà 84 anni. Da più di sessant’anni calca le scene mondiali. È stata prima ballerina, stella e diva. Carla Fracci è stata insignita di ogni medaglia, di ogni onorificenza, ha ricevuto milioni di mazzi di fiori e ha lavorato con i più grandi artisti, musicisti e registi del mondo.
Una fama che le fa piacere, quella che illumina il suo nome, ma che non l’ha cambiata, da quella figlia di umili che era e che ancora è. Non l’ha spersonalizzata, non l’ha distrutta, come è successo a tanti altri.
Al contrario, Carla Fracci è riuscita ad attraversare la storia rimanendo fedele a se stessa, alle sue origini, a quegli insegnamenti lontani che hanno segnato i suoi primi passi.






                                   (foto da internet)


La Fracci e suo marito Beppe Menegatti hanno sempre appoggiato il lavoro dei giovani che fanno parte della loro compagnia: li hanno aiutati ad allestire spettacoli e animazioni magari con pochissimi soldi. Ma nella loro vita non c’è solo l’arte. E quando il mondo da fuori chiama, Carla Fracci e Beppe Menegatti non si tirano mai indietro, soprattutto quando il mondo chiama per la pace (la Fracci è ambasciatrice per l’Unesco), quando chiama per i diritti dei più deboli, quando chiama per difendere e promuovere la cultura nelle scuole.
La Fracci è nata a Milano il 20 agosto 1936. Il padre faceva il tranviere e aveva la passione per il tango. La portava spesso nelle balere a guardare ballare. 




(foto da internet)

Entrò alla Scala per un caso fortuito: un amico di famiglia, professore d'orchestra del teatro milanese, suggerì ai genitori di iscriverla alla scuola di ballo. Quando, piccolina e fragile, si presentò agli esami di ammissione, i commissari non la presero molto in considerazione, ma il suo viso dolce suscitò tenerezza in una maestra presente all'audizione e Carla venne ammessa. Si diplomò nel 1954 ed entrò a far parte del Corpo di Ballo nel 1955.


(foto da internet)

Dopo il passo d'addio al termine della scuola, avvenne il classico colpo di fortuna. Alla Scala si rappresentava Cenerentola e Violette Verdy, prima ballerina dell'Opéra di Parigi, rinunciò ad alcune recite. Carla Fracci venne chiamata in palcoscenico per provare la parte e venne scelta come sostituta. Il debutto trionfale avvenne il 31 dicembre 1955. Da quel momento iniziò la sua luminosa carriera. Nel 1958 divenne prima ballerina della Scala e nello stesso anno avvenne il grande incontro con il coreografo John Cranko che la volle come Giulietta nella sua nuova versione di Romeo e Giulietta per la Fenice di Venezia. Successivamente, nel 1959, interpretò al Royal Festival Hall di Londra per la prima volta Giselle: personaggio con il quale la ballerina milanese si affermò in tutto il mondo. Seguì un lungo elenco di eroine del balletto: Aurora, Gelsomina, Odile/Odette, Swanilda, magistralmente da lei interpretate e che, grazie alla sua straordinaria sensibilità, la consacrarono come la ballerina-interprete per eccellenza.
La Fracci danzò in Italia e all'estero con partner d'eccezione: Rudolph Nureyev, Milhorad Miskovich e tanti tanti altri.
Nel 1988 diventò direttrice del Corpo di Ballo del San Carlo di Napoli e successivamente dell'Arena di Verona e del Teatro alla Scala. Dal 1995 al 1997 diresse il corpo di ballo dell'Arena di Verona. Dal 1994 è membro dell'Accademia di Belle Arti di Brera. Dal 1995 è anche presidente di Altritalia Ambiente, associazione ambientalista.





(foto da internet)



Nel 2002, lanciò una vera e propria sfida a se stessa: vestì, in quella stagione, i panni maschili di Amleto sul palcoscenico del Teatro dell'Opera a Roma, in un balletto ispirato all'omonimo dramma shakespeariano: interpretò un ruolo maschile, unica donna attorniata da una compagnia di uomini.
Attualmente è la direttrice del Corpo di Ballo dell'Opera di Roma.

Dal giugno 2009 al 2014 è stata Assessore alla Cultura della Provincia di FirenzeÈ stata Ambasciatrice di Expo Milano 2015 e, nel dicembre 2013, Arnoldo Mondadori Editore pubblicò la sua autobiografia Passo dopo passo a cura di Enrico Rotelli.

Carla Fracci, la piccolina che non sarebbe mai potuta diventare una ballerina, con il suo spiccato spirito di sacrificio, è diventata un mito della danza: un esempio per tutti i giovani allievi.
Il grande poeta Eugenio Montale le dedicò dei bellissimi versi: La danzatrice stanca>>.
Debuttò nel cinema, nel 1981 con La vera storia della signora delle camelie, di Bolognini, e nel piccolo schermo, nel 1982, con l'interpretazione di Giuseppina Strepponi, nello sceneggiato televisivo Verdi.