Domande quotidiane:
1. Che cosa succederebbe ai mutui nel caso in cui una moneta (ad esempio la dracma) uscisse dell'euro?
In realtà si possono fare solo scenari, perché l'ipotesi di una fuoruscita unilaterale dall'euro non è formalmente prevista. L'unica modalità che appare possibile è quella di uscire prima dall'Unione Europea, facendo saltare così uno dei requisiti indispensabili per stare nel club dell'euro. Ma anche questa risposta in realtà non è sufficiente, perché l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, dice: «L'Unione negozia e conclude, con lo Stato che intende recedere, un accordo volto a definire le modalità del recesso». Significa che bisognerà per forza trovare un accordo soddisfacente per tutti. La prima conseguenza riguarderebbe naturalmente i prestiti-casa. Su due fronti: il ritorno alla valuta nazionale e i tassi d'interesse.
2 È ipotizzabile che avvenga l'inverso di quello che è successo con il changeover del 2001? Undici anni fa si sono trasformati tutti i contratti da dracma in euro a un cambio prefissato. Bisognerà fare il movimento inverso, riconvertirli nella vecchia moneta nazionale?
Sì, è uno scenario, anche se in realtà l'analogia non è del tutto convincente: allora si era passati da una valuta che veniva abbandonata a una nuova valuta; oggi il passaggio avverrebbe partendo da una valuta che invece rimane sul mercato. E comunque se si adoperasse il tasso di cambio del 2001 (340,75 dracme per un euro) la valuta certo non passerebbe la prova dei mercati, perché il lunedì successivo all'annuncio la quotazione crollerebbe. C'è chi ipotizza un passaggio con una svalutazione preventiva molto forte; un recente studio Ubs ad esempio parla del 50% come minimo.
3 In uno scenario di contratti integralmente ridenominati in dracme che ne sarebbe di chi ha un mutuo?
Dipende dal tipo di mutuo: se si tratta di un finanziamento a tasso fisso, da un punto di vista formale non cambierebbe nulla; nei fatti, siccome verrebbero riconvertiti anche gli stipendi e l'inflazione renderà il costo delle merci primarie assai più care, la rata del mutuo diventerà ugualmente meno sostenibile perché andrà a incidere su un reddito che ha un potere d'acquisto molto più ridotto di oggi. Sui mutui a tasso variabile l'effetto sarebbe peggiore perché oltre a quanto detto prima la ridenominazione in dracme porterà all'abbandono dell'Euribor (il tasso a breve sull'euro) che sarà sostituito dal tasso corrispondente in valuta locale con effetti molto pesanti sulle rate. In tabella abbiamo provato a calcolare come varierebbe la rata di un prestito indicizzato con il nuovo tasso, ipotizzando che si posizioni tra il 4 e il 15%. Il passaggio al 10% (scenario nemmeno troppo pessimista) comporterebbe nell'immediato il raddoppio della rata mensile. Tutto questo senza contare che si aprirebbe per le banche elleniche uno scenario davvero fosco.
4 Perché l'«effetto domino» sulle banche?
Ce lo spiega il responsabile dei mutui di una primaria banca italiana: «Le banche che stipulano un mutuo raccolgono i fondi sui mercati internazionali assumendo impegni che, anche se assunti da una banca greca, rimangono in euro e che non potrebbero in nessun modo venire onorati con una dracma svalutata e con una raccolta della clientela ridotta ai minimi termini. L'unico modo per evitare di onorare l'impegno è che lo Stato nazionalizzi gli istituti: se lo Stato non paga perché è fallito, non devono pagare nemmeno le banche, che però non potrebbero più operare sui mercati esteri. A livello internazionale si innescherebbe un effetto domino su tutto il sistema dell'euro. A livello locale, inoltre, gli istituti avrebbe un altro gravissimo danno, perché il valore delle garanzie ipotecarie crollerebbe e aumenterebbe il numero di debitori che non pagano».
5 E se invece i mutui rimanessero denominati in euro?
Ci sarebbe un piccolo sollievo per le banche ma sarebbero guai anche per chi ha un mutuo a tasso fisso, perché il suo finanziamento si trasformerebbe in mutuo in valuta e il debito aumenterebbe in proporzione a quanto si svaluta la dracma rispetto all'euro.
In realtà si possono fare solo scenari, perché l'ipotesi di una fuoruscita unilaterale dall'euro non è formalmente prevista. L'unica modalità che appare possibile è quella di uscire prima dall'Unione Europea, facendo saltare così uno dei requisiti indispensabili per stare nel club dell'euro. Ma anche questa risposta in realtà non è sufficiente, perché l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, dice: «L'Unione negozia e conclude, con lo Stato che intende recedere, un accordo volto a definire le modalità del recesso». Significa che bisognerà per forza trovare un accordo soddisfacente per tutti. La prima conseguenza riguarderebbe naturalmente i prestiti-casa. Su due fronti: il ritorno alla valuta nazionale e i tassi d'interesse.
2 È ipotizzabile che avvenga l'inverso di quello che è successo con il changeover del 2001? Undici anni fa si sono trasformati tutti i contratti da dracma in euro a un cambio prefissato. Bisognerà fare il movimento inverso, riconvertirli nella vecchia moneta nazionale?
Sì, è uno scenario, anche se in realtà l'analogia non è del tutto convincente: allora si era passati da una valuta che veniva abbandonata a una nuova valuta; oggi il passaggio avverrebbe partendo da una valuta che invece rimane sul mercato. E comunque se si adoperasse il tasso di cambio del 2001 (340,75 dracme per un euro) la valuta certo non passerebbe la prova dei mercati, perché il lunedì successivo all'annuncio la quotazione crollerebbe. C'è chi ipotizza un passaggio con una svalutazione preventiva molto forte; un recente studio Ubs ad esempio parla del 50% come minimo.
3 In uno scenario di contratti integralmente ridenominati in dracme che ne sarebbe di chi ha un mutuo?
Dipende dal tipo di mutuo: se si tratta di un finanziamento a tasso fisso, da un punto di vista formale non cambierebbe nulla; nei fatti, siccome verrebbero riconvertiti anche gli stipendi e l'inflazione renderà il costo delle merci primarie assai più care, la rata del mutuo diventerà ugualmente meno sostenibile perché andrà a incidere su un reddito che ha un potere d'acquisto molto più ridotto di oggi. Sui mutui a tasso variabile l'effetto sarebbe peggiore perché oltre a quanto detto prima la ridenominazione in dracme porterà all'abbandono dell'Euribor (il tasso a breve sull'euro) che sarà sostituito dal tasso corrispondente in valuta locale con effetti molto pesanti sulle rate. In tabella abbiamo provato a calcolare come varierebbe la rata di un prestito indicizzato con il nuovo tasso, ipotizzando che si posizioni tra il 4 e il 15%. Il passaggio al 10% (scenario nemmeno troppo pessimista) comporterebbe nell'immediato il raddoppio della rata mensile. Tutto questo senza contare che si aprirebbe per le banche elleniche uno scenario davvero fosco.
4 Perché l'«effetto domino» sulle banche?
Ce lo spiega il responsabile dei mutui di una primaria banca italiana: «Le banche che stipulano un mutuo raccolgono i fondi sui mercati internazionali assumendo impegni che, anche se assunti da una banca greca, rimangono in euro e che non potrebbero in nessun modo venire onorati con una dracma svalutata e con una raccolta della clientela ridotta ai minimi termini. L'unico modo per evitare di onorare l'impegno è che lo Stato nazionalizzi gli istituti: se lo Stato non paga perché è fallito, non devono pagare nemmeno le banche, che però non potrebbero più operare sui mercati esteri. A livello internazionale si innescherebbe un effetto domino su tutto il sistema dell'euro. A livello locale, inoltre, gli istituti avrebbe un altro gravissimo danno, perché il valore delle garanzie ipotecarie crollerebbe e aumenterebbe il numero di debitori che non pagano».
5 E se invece i mutui rimanessero denominati in euro?
Ci sarebbe un piccolo sollievo per le banche ma sarebbero guai anche per chi ha un mutuo a tasso fisso, perché il suo finanziamento si trasformerebbe in mutuo in valuta e il debito aumenterebbe in proporzione a quanto si svaluta la dracma rispetto all'euro.
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