mercoledì 22 ottobre 2014

L'italiano che piace




(foto da www.lastampa.it)


C’è una legione di appassionati all’italiano, fuori dell’Italia. Si sono aperti ieri a Firenze gli «Stati generali della lingua italiana nel mondo» nell’ambito della XIV Settimana della lingua italiana nel mondo, organizzata dall’Accademia della Crusca e dal Ministero degli Esteri.  Due giorni di confronti e testimonianze con studiosi, scrittori, artisti. 250 milioni fra italofoni e italofili, un milione e mezzo di studenti. 
È la quarta lingua più studiata nel mondo, ma in forte calo in Europa. La scelgono gli adulti, interessati all’arte e alla letteratura (e alla cucina, perché no). Ma nella lista delle lingue da far imparare ai propri figli, resta in fondo (con un misero 2 per cento, contro il 79 dell’inglese).  

(foto da internet)

Perché il punto è: si potrebbe fare di più, e tanto, per far conoscere la nostra lingua. In Italia, attirando gli studenti europei con un “Erasmus delle arti e della musica”, come ha proposto il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Ma soprattutto all’estero: solo il 2 per cento degli europei dichiara di conoscere bene l’italiano e di comprendere le news presentate in tv nella nostra lingua. In epoca di tagli, le scuole italiane all’estero soffrono, con personale sempre più precario  (servirebbero 150 docenti di ruolo), mentre gli istituti di cultura chiudono i battenti. La situazione è difficile.



Dunque, fermo restando che la lingua di Dante ha poco a che fare con il business e che al di fuori dei nipoti degli emigrati nessuno o quasi la parla, vale la pena studiarla ancora? Naturalmente sì. In Russia, per esempio, molti sessantenni decidono di dare un tocco speciale alla loro cultura, e si lanciano sulla Divina Commedia. Non si pongono grandi obiettivi linguistici, ci provano per passione, per avvicinarsi al Rinascimento con qualche conoscenza in più. “Siamo realisti: non possiamo competere in ambito scolastico con l’inglese, lo spagnolo e neanche il cinese”; dice Marco Griffa,  direttore generale di Loescher Editore. “L’italiano si comincia a studiare all’università, o dopo, perchè serve, come dicono, per lo sviluppo personale. I più interessati sono gli europei dell’Est, che vengono a lavorare in Italia. E in Sudamerica i discendenti degli emigrati, che hanno sentito la lingua dei nonni, e vorrebbero saperne di più”.
(foto da internet)

L’importante è non scadere nello stereotipo, la lingua del Padrino, della commedia all’italiana. Conoscere quella di oggi, che si parla realmente!!!

Nessun commento: