venerdì 27 febbraio 2009

La pasta all'italiana

(foto da internet)

Gli italiani e la pasta è un amore che continua. È, probabilmente, una delle immagini più diffuse del made in Italy, un po' caricaturale ma sicuramente vera, simbolo della convivialità per un terzo delle famiglie italiane e un piatto presente in media cinque volte la settimana sulle tavole italiane. Di pasta, l’Italia ne produce 3.100.000 tonnellate annue, con un consumo pro-capite che è pressoché simile da Nord a Sud. Nelle dispense delle case italiane si trovano in media 5 kg di pasta, in almeno cinque formati diversi. I più gettonati sono: spaghetti, penne, rigatoni, maccheroni e fusilli.
Secondo i dati dell’Unione Industriale Pastai Italiani (UNIPI), circa il 30% degli italiani afferma che la pasta è un cibo sano, mentre il 10% la considera uno dei prodotti tipici della cucina del Belpaese. I tipi di pasta preferiti sono la corta e la rigata.
Attenzione, piace così tanto che nel 37% delle case non avanza mai e, quando capita, viene cucinata nuovamente oppure riutilizzata per un’altra ricetta.

(foto da internet)
Sul fronte dei mercati, l’Italia è leader mondiale in consumo e produzione, in quanto possiede la più importante filiera in Europa che dal grano duro conduce alla pasta. Nonostante l’industrializzazione delle fasi di produzione, la qualità del prodotto non è stata danneggiata, soprattutto perché la bontà dipende esclusivamente dalle materie prime: grano e acqua.
E allora, quale italiano del 2009, che si reca al supermercato a rifornire la propria dispensa di tanti tipi di pasta, non si accorgerebbe che la pasta è diventata un alimento caro, dal prezzo addirittura raddoppiato rispetto all’anno scorso.
Com’è possibile se il prezzo del grano è sceso? L’incognita è finalmente stata risolta dall’Antitrust. Il motivo è: speculazione. Si traduce così, infatti, l'alleanza che i pastifici italiani avevano stretto per decidere insieme gli aumenti di prezzo e limitare la concorrenza. Il cartello riuniva praticamente tutti i grandi produttori: Amato, Barilla, Agnesi, De Cecco, Divella, Garofalo, Di Martino, Russo, La Molisana, insomma la stragrande maggioranza di aziende del settore. In totale, ventisei che, insieme all'Unipi dall'ottobre del 2006 fino almeno al marzo 2008 si sono accordati sugli aumenti da far pagare ai distributori e consumatori.


(foto da internet)
La multa in totale ammonta a più di 12 milioni di euro, mentre altri mille euro sono stati la sanzione nei confronti dell'Unionalimentari, (unione nazionale della piccola e media industria alimentare) che, in quanto associazione d'impresa, ha divulgato una propria circolare per indirizzare gli associati verso un aumento uniforme di prezzo.
L'Antitrust non ha contestato gli aumenti delle singole aziende, quanto la decisione congiunta e le modalità anticoncorrenziali con cui si è arrivati a tali aumenti. Infatti, è stato dimostrato che le imprese hanno concertato una comune strategia di aumenti dei prezzi. Questo ha permesso alle aziende di piccole dimensioni, caratterizzate da costi produttivi più elevati, di aumentare i prezzi. Le catene distributive, in presenza di incrementi generalizzati, sono state infatti costrette ad accettare i nuovi listini. Da parte loro le imprese maggiori, che non volevano essere le sole ad aumentare i prezzi, hanno azzerato il rischio di perdere significative quote di mercato.



(foto da internet)
È stata messa in atto una fastidiosa speculazione, aggravata dal periodo di crisi nera che si sta attraversando. Forse, però, non bastano le sanzioni dell'Antitrust: si suggerisce che come forma di risarcimento per tutti i consumatori danneggiati, i produttori multati debbano operare un taglio dei prezzi di almeno il 20% su tutti i loro prodotti.
Non sembra una cattiva idea!


E che farebbe in questa circostanza Un Americano a Roma?


giovedì 26 febbraio 2009

Croce (g)Rossa


(Foto da internet)

Che la sanità italiana sia in crisi non è certo una gran novità. Meglio, allora, riderci sopra. Per farlo, partiamo da Freud. Secondo il padre della psicanalisi un motto di spirito è paragonabile ad un'opera d'arte: utilizza, infatti, gli stessi meccanismi d'espressione del sogno, momento in cui mediante il cosiddetto processo di condensazione parole vengono fuse in una sola, per cui una singola espressione può esprimere cose diverse e arrivare al doppio senso. A conclusione di questo processo si ha la liberazione dei contenuti presenti nel nostro inconscio e lo sprigionamento dell'energia psichica che prima li bloccava. È proprio la liberazione improvvisa di questa energia quella che, secondo la teoria freudiana, scatena la risata in chi ascolta una barzelletta. Torniamo alla sanità italiana. 



(foto da internet)

Un giornalista -noto con lo pseudonimo di Camillo Delellis- ha raccolto, in cento pagine, le battute e le gaffes più divertenti legate al lavoro quotidiano del personale sanitario, in ambulatorio, nelle corsie degli ospedali, nelle ambulanze e al pronto soccorso. Il libro vuole sdrammatizzare le nostre paure quotidiane in fatto di salute, le nostre ansie e le nostre paranoie. Medici e infermieri, pazienti e operatori sanitari, offrono un quadro diverso della sanità italiana. Eccovi alcune battute:

REFERTI MEDICI

Il paziente dichiara di essersi scontrato con una pompa di benzina proveniente dall'altra direzione.

CHIAMATA AL SERVIZIO D'EMERGENZA

Centrale a ambulanza: "Il paziente è cardiopatico?". Ambulanza a centrale: "Negativo. Paziente operaio".

DIALOGHI PAZIENTE-MEDICO

Dottore, divento allergico quando ci sono i polli nell'aria!

Il personale sanitario italiano ha bisogno del lettino dello psicanalista? Medici, infermieri e portantini sono diventati artisti della risata o hanno deciso di rimpiazzare Carlo Dapporto (vedi>>)?

mercoledì 25 febbraio 2009

Angelo Manzotti, sopranista


Finora era noto soltanto agli appassionati. Ora questo cantante dalla voce celestiale spopola in Italia e all’estero. Con la sua voce incredibile, evoca l’epoca in cui i castrati provocavano il delirio di chi li ascoltava: potevano passare dalla tessitura di voce di una soprano a quella di un tenore in una sola nota.

Ma prima di arrivare a questo di strada ne ha fatta tanta. Inizia dodicenne la pratica di una tecnica di canto che lo avrebbe differenziato presto dal resto dei comuni controtenori: un metodo per far vibrare soltanto le corde vocali anteriori e in questo modo avvalersi di tutta l'estensione, la duttilità ed il volume sonoro tipici della voce di un soprano, superando così i tradizionali limiti del falsetto maschile, ed esibendo una gamma vocale che spazia dagli estremi sopracuti (Re5) fino alle più gravi note baritonali. In questo modo Angelo Manzotti è riuscito a raggiungere lo stesso sorprendente timbro vocalico del grande Farinelli, famoso castrato e stella indiscussa della corte di Filippo V di Spagna. Questa particolarità gli ha permesso di approssimarsi notevolmente alla maniera di cantare dei castrati, tanto da essere definito da molti il Nuovo Farinelli. A differenza del famoso evirato però il sopranista non ha dovuto rinunciare alle proprie facoltà riproduttive. “Non sono stato sottoposto a nessun intervento. La mia voce non dipende da carenze ormonali; anzi è quella di un bel baritono. È solo grazie ad una tecnica particolare che, superando il limite del falsetto maschile, riesco a cantare come un soprano lirico”.

Già, perché prima i castrati venivano evirati davvero! E quest’operazione doveva essere eseguita fra i 7 e i 12 anni per ottenere i risultati desiderati. I bambini sottoposti a questa barbarie sarebbero diventati più tardi dei veri e propri divi del bel canto, applauditi e venerati come le pop star di oggi. Inoltre, anche se risulta difficile da credere, esercitavano un fascino irresistibie sulle donne, con le quali usavano come arma di seduzione proprio l'ambiguità.


Ed ora in questi video potete ascoltare Manzotti che spiega in un'intervista le particolarità della propria arte.


martedì 24 febbraio 2009

Viva viva il Carnevale!

(foto da internet)


“Buongiorno Siora Maschera”, lungo le calli, per i canali e nel listòn ecco il saluto del Carnevale di Venezia.
L’identità personale, il sesso, la classe sociale non esistono più, si entra a far parte della Grande Illusione del Carnevale in un posto, unico al mondo, dove tutto può accadere. Il Carnevale a Venezia è un momento magico, che coinvolge tutta la città. Ha da sempre rappresentato la “trasgressione” a tutte le regole sociali e dello Stato. È la soddisfazione del bisogno dell'uomo di abbandonarsi al gioco nell’ebbrezza della festa.
Mascherati in bauta o in uno dei tanti fantasiosi travestimenti, i veneziani hanno sempre vissuto intensamente il periodo carnevalesco.



(foto da internet)



In reltà le maschere hanno origini teatrali: nascono dal teatro buffonesco e popolare delle fiere per poi giungere, successivamente, alla tipizzazione universale, sottolineando i vizi e i difetti degli uomini. È stata la commedia dell’arte a dare vita a personaggi tipici che sono entrati a fare parte del costume italiano.
La definizione di “commedia dell'arte” è del 1750. Appare in Il teatro comico, di Carlo Goldoni. L’autore veneziano parla di quegli attori che recitano “le commedie dell'arte” usando delle maschere e improvvisano le loro parti. La parola “arte” è usata nell’accezione di “professione”, “mestiere”.

(foto da internet)


Come ogni anno, in questi giorni la città lagunare sta vivendo dei giorni sfrenati, con la grande particolarità che: «Finalmente, quest’anno tutte le maggiori Istituzioni culturali veneziane collaborano per garantire l’importante parte culturale del Carnevale di Venezia». Con queste parole il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, ha presentato l'edizione 2009 (13 -24 febbraio) del Carnevale di Venezia Sensation 6 Sensi x 6 Sestieri”. Infatti, la caratteristica del carnevale 2009 è quella di potenziare la venezianità del Carnevale e “mixare” la tradizione delle passate edizioni con gli aspetti di innovazione proposti negli ultimi anni, garantendo un programma che rende più forte il legame fra sensi e territorio (i sestieri e le municipalità).


(foto da internet)



Il via al carnevale 2009 è stato dato da Dario Fo il quale ha proposto, in Piazza San Marco, una versione, riadattata appositamente per l'occasione, di Mistero Buffo, il capolavoro che debuttò 40 anni fa.
Quest'anno è una piazza San Marco vestita di nuovo per il Carnevale con un inedito giardino rinascimentale ispirato alla miglior tradizione storica, artistica e cinematografica, un vero e proprio salotto a cielo aperto con un ritorno agli spettacoli di teatro di strada d'avanguardia.











Sulla scia delle tradizioni vi proponiamo un webquest che vi permetterà di scoprire un filo rosso, di continuità, tra la tradizione e l’attualità del carnevale nella città lagunare.



Buon divertimento!
P.S.: A breve vi faremo vedere la rappresentazione teatrale delle maschere della EOI di Sagunt: una vera e propria reincarnazione della più viva tradizione della "commedia dell'arte".

lunedì 23 febbraio 2009

Bésame mucho



(Foto da internet)

C'era la pubblicità dei Baci perugina, Celentano che cantava 24.000 baci, Bollani che rifaceva, a modo suo, Bésame mucho, Mina che interpretava Un bacio è troppo poco, Muccino che girava L'ultimo bacio, Ingrid Bergman che, poeticamente, dichiarava: "Il bacio è un dolce scherzo che la natura ha inventato per fermare i discorsi quando le parole diventano inutili", e poi ancora c'era il finale de Nuovo Cinema Paradiso, in cui il regista Salvatore Di Vita si godeva, nella solitudine di una saletta cinematografica, i tagli dei baci proibiti che l'indimenticabile proiezionista Alfredo gli aveva messo da parte in una "pizza". 

Ora degli scienziati russi hanno scoperto che baciarsi fa bene alla salute. Secondo una recente ricerca, baciarsi migliora la circolazione e la salute dei denti, abbassa i livelli di colesterolo e la pressione sanguigna.
Baciarsi appassionatamente può essere un complemento naturale alle diete dimagranti dato che ogni bacio fa bruciare circa 12 calorie. 
Baciarsi fa bene alla pelle poiché la tensione del volto nell’atto del baciare migliora la circolazione; la pelle del viso diventa più tesa e luminosa.
Baciarsi produce endorfine: un rimedio naturale in caso di dolori, del tutto paragonabile a una piccola somministrazione di morfina!
Insomma, per dirla col molleggiato, Il tuo bacio è come un rock.

venerdì 20 febbraio 2009

Fra giallo e noir

(foto da internet)

Nemo profeta in patria, ovvero nessuno è profeta nella propria terra. Questa locuzione latina descrive la difficoltà di molte persone a emergere in ambienti a loro familiari. Una situazione che a volte giunge a limiti grotteschi. Come è successo al noto scrittore Andrea Camilleri, il quale dev’essere rimasto a bocca aperta quando ha saputo che nella biblioteca del suo paese, Porto Empedocle, non c’e nessuno dei suoi romanzi. Eppure le avventure del Commissario Montalbano hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo e, soprattutto, in Italia.

Eh già, perché agli italiani il giallo piace parecchio! E non disdegnano certo la produzione nazionale. Non a caso, l’attuale generazione di scrittori italiani è particolarmente improntata allo stile giallo, a volte noir ed ultimamente sempre più spesso incentrata sulla mafia. Piergiorgio di Cara, Massimo Carlotto, Corrado Augias, Loriano Machiavelli (coautore con Francesco Guccini di tre romanzi), Giuseppe Ferrandino, Carlo Lucarelli, Gianrico Carofiglio, Niccolò Ammaniti, Laura Grimaldi, Colaprico e Valpreda, Pino Cacucci, Sandrone Dazieri, Giancarlo de Cataldo e Marcello Fois sono soltanto alcuni nomi di giallisti apprezzati in Italia e all’Estero. Il genere è così amato che in televisione e al cinema vediamo sempre più spesso storie a tinte gialle o nere. E quindi anche le fiction nostrane puntano proprio sul poliziesco. Re incontrastato dei telefilm italiani è stato finora il sopraccitato Montalbano. Dopo il grande successo riscosso dal personaggio frutto della fantasia di Camilleri, la televisione punta su altri protagonisti presi in prestito dalla letteratura:




L’ispettore Coliandro, nato dalla penna di Carlo Lucarelli e interpretato nella fiction da Giampaolo Morelli;



la banda di criminali di Romanzo criminale di Giancarlo de Cataldo;




i poliziotti di Distretto di Polizia, di cui uno degli sceneggiatori è Marcello Fois;



il sergente Sarti Antonio, personaggio ideato da Loriano Machiavelli.

E a voi piace il giallo?

giovedì 19 febbraio 2009

Il buongiorno si vede dal sedile



(foto da Flickrcc)

Siete ottimisti? Indipendenti? Ribelli? E' facile saperlo: basta fare la prova dell'autobus. Sì, dell'autobus. Secondo uno studio elaborato dalla Salford University, chi, salendo sull'autobus, sceglie i posti davanti è un ottimista. Chi si mette in mezzo è uno spirito indipendente e solitario e chi, invece, si siede in fondo, ha un animo ribelle. Secondo gli studiosi inglesi ci sono ben sei tipi di passeggeri, ben differenziati tra loro a secondo del posto scelto. 
Primo gruppo: passeggeri che amano stare davanti. Costoro sono degli ottimisti con lo sguardo rivolto al futuro.
Secondo gruppo: passeggeri che amano stare in mezzo. E' gente dalla spirito libero; di solito leggono il giornale (o un libro) o amano ascoltare musica. 
Terzo gruppo: passeggeri che amano sedersi in fondo. Sono i ribelli, quelli che, quando andavano in gita con la scuola, occupavano sempre gli ultimi sedili del pullman.
Quarto gruppo: quelli che amano stare davanti ma attaccano bottone con tutti. Salutano, chiacchierano del più e del meno, del tempo...



(foto da Flickrcc)

Quinto gruppo:
i chiacchieroni veri e propri. Amano stare in mezzo. Il centro del bus è, secondo l'indagine, il punto strategico per un vero chiacchierone. Dal posto in mezzo si controlla praticamente tutto l'autobus. E' una specie di
angolo privilegiato; una specie di bar della piazza. Da lì si controllano facilmente tutti i movimenti dei viaggiatori: c'è chi sale, chi scende... In questa zona è facile perdere l'equilibrio a causa della scarsa visibilità e dell'andamento del veicolo. I chiacchieroni sarebbero, quindi, ciarlieri e amanti del rischio.
Sesto gruppo: i cosiddetti camaleonti. Sono i passeggeri che si siedono una volta qui, una volta là, e che si trovano sempre a loro agio, con chiunque, in qualunque circostanza. 
Dove si potrebbero inquadrare i protagonisti di questo monologo di Ascanio Celestini?

mercoledì 18 febbraio 2009

L'Italia che canta

(foto da internet)
In Italia, dopo San Valentino e in attesa di Carnevale, c’è il Festival della canzone: da ieri sera è partito l’annuale appuntamento con la musica di casa nostra. Polemiche a parte, la Panini pubblica un Almanacco che racconta la storia infinita dell’Italia che canta in un volume di 1.000 pagine, a colori. Per la prima volta si raccolgono gli aneddoti, anche quelli apparentemente più insignificanti, della più famosa kermesse canora del Belpaese, con la cronaca di ogni festival dal 1951. Non solo e non tanto le star, già eroi popolari e sopravviventi di luce propria, ma quell’esercito formidabile dei comprimari, delle mezze tacche, delle meteore, degli oscuri e degli oscurissimi, che l'ordine alfabetico e la diligente confezione dell'opera consegnano ai posteri con dignità.

(foto da internet)
L’uguaglianza grafica connaturata all'Almanacco è l’esatto contrario della discriminazione critica: la cavalcata nella memoria di almeno tre generazioni basta per scoprire che il primo, costumato, successo della Pizzi, nell'Italia del 1951, tanto costumato non era, visto che Grazie dei fiori alludeva a un amore incompiuto per probabile illegittimità dello stesso, e portava le atmosfere quasi licenziose del tabarin in mezzo ai commendatori e alle matrone imperlate seduti ai tavolini del Casinò.
Ci sono le biografie di centinaia di italiani che ci hanno provato e non ce l'hanno fatta: un elenco di artisti non-protagonisti, di italiani e italiane di provincia e di paese che hanno sognato, seppur per un istante, di fare il cantante. Un elenco così fitto da far riflettere su come e quanto la “tentazione artistica”, in questo strano paese, sia un sogno, una scorciatoia da ben prima che la televisione, con i suoi reality, offrisse a tutti l’occasione o l’illusione di esibirsi in pubblico. Emerge un’Italia che nell’arte di campare include anche la speranza di campare con l’arte.


(foto da internet)
Ad essere sinceri, sul Festival di Sanremo esiste una sterminata produzione critico-saggistica che che ha coinvolto intellettuali, scrittori, polemisti senza eccezione alcuna. Una produzione per lo più giornalistica che ha riempito le puntate del dopo Festival, così come i quotidiani e le riviste. Questo accanimento critico si è ingigantito mano a mano che il Festival, nato nel 1951 come intrattenimento per il dopocena dei clienti milanesi e torinesi del Casinò di Sanremo, è diventato evento mediatico dell'anno, per accaparrare poi lo scettro della RAI, con tutti gli annessi e connessi, e con quella spropositata invadenza e pomposità che è attualmente.
Il dibattito televisivo, in realtà, ha ingoiato la storia della gara canora, ovvero delle canzoni e dei cantanti. Molti ricordano chi ha condotto la scorsa edizione del festival, pochissimi il cantante e la canzone vincitori.
E mentre cerchiamo di capire come sarà il Festival della recessione, ci godiamo Roberto Benigni, ospite d’onore della prima serata, che ha consiglia al presidente del governo la strada per diventare un mito: «Berlusconi ti propongo di diventare un mito come Mina, come Greta Garbo: devi sparire, devi andare lontano. Più lontano vai e più mito sei, magari con Apicella scrivi una canzone e ogni tanto la mandi, come Mina», giacché la più grande cantante italiana, a suo giudizio, ormai è come Bin Laden: manda solo filmati.


martedì 17 febbraio 2009

Alla ricerca dell'Eden

(foto da Mymovies.it)

Non molto tempo fa gli italiani pensavano che l’America fosse quanto di più simile al Paradiso esistesse sulla terra. L’Italia era un paese povero, devastato dalle guerre napoleoniche, che ne avevano annientato le risorse e le speranze, e da una politica economica disastrosa. Coloro che partivano si dibattevano fra il desiderio di sopravvivere e la nostalgia degli affetti che si lasciavano alle spalle. Molti intraprendevano il lungo viaggio incoraggiati dalle lettere ricevute dai parenti che li avevano preceduti, nelle quali intravedevano un futuro migliore. Il Nuovomondo era la terra dei sogni. Per questo trovare l’America diventò ed è tuttora un proverbiale modo di dire che significa “avere fortuna”.

Oggi pare che non sia più necessario attraversare l’oceano per “trovare l’America”. Per tantissimi emigranti la terra sognata ora è in un continente diverso: l’Europa. Gli stranieri che arrivano in Italia alla ricerca di una vita migliore trovano un paese decisamente più ostile e con un'amnesia persistente che sembra aver cancellato il periodo in cui gli “intrusi” eravamo noi. Il Vecchio Continente è insofferente al dolore di chi abbandona la precaria sicurezza di ciò che conosce e affronta con molta paura un viaggio verso l’ignoto, con la lontana speranza di poter sopravvivere. Un esempio chiaro di questo è la Francia: Sarkozy ritiene che troppi sans-papiers abbiano ottenuto la cittadinanza e che questa sia una "pratica pericolosa".

Costa Gavras ha raccontato la storia di uno di questi clandestini in Verso l’Eden che ha chiuso la 59esima edizione della Berlinale.

Elias è un giovane clandestino che salta dalla barca per sfuggire alla guardia costiera e si risveglia in una spiaggia nudista di un villaggio di vacanze per turisti ricchi, in un luogo imprecisato dell’Europa, dove inizia la sua ricerca di una vita migliore. Nel ruolo principale, Riccardo Scamarcio, scelto dal regista perché afferma: "... E' bravo, l'ho visto in Mio fratello è figlio unico e Romanzo criminale. Nel film parla poco, si esprime con il corpo e con lo sguardo, è un moderno Candide che scopre un mondo che non conosce. Nei suoi occhi c'è lo stupore e la fragilità di tutti i clandestini, che possono essere sfruttati da chiunque, sul lavoro, nel sesso. Non hanno scelta: consegnati alla polizia e rimandati in patria o accettare qualunque prepotenza".

Eccovi il trailer del film.



lunedì 16 febbraio 2009

I piccioncini (?)


(foto da Flickrcc)

Secondo la leggenda, San Valentino sarebbe riuscito ad ispirare amore a due giovani innamorati un po’ litigiosi (l’amore non è bello se non è litigarello, o no?) facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci effusioni di affetto. Da questo episodio si crede possa derivare l’espressione piccioncini. Tralasciando l’amore platonico, i piccioncini italiani, almeno secondo le fredde statistiche, scelgono il divano per fare sesso. Su un campione di mille intervistati tra uomini e donne di età compresa tra i 20 e i 50 anni, quasi 600 preferenze indicano il divano -specialmente d'inverno (Paolo Conte dixit>>) come il luogo ideale (e pratico) per stimolare il sex appeal (un po’ alla mordi e fuggi). Secondo gli intervistati, il divano è diventato il centro della vita familiare: lì si consumano i pasti, si guarda la tv, si lavora e... si fa sesso. Forse sul divano ci si rilassa di più o forse è davvero diventato il luogo in cui si svolgono la maggior parte delle nostre azioni quotidiane: il partner è quasi sempre in zona, magari sta guardando la tv o sta leggendo un libro o sferruzza... chissà. Perde colpi il classico letto, associato dai più al sonno, e quindi poco efficace agli stimoli sessuali. Sul divano è tutta un’altra cosa: tra i braccioli ed i cuscini è possibile stimolare la fantasia e sperimentare nuove posizioni. Sembra importante anche la percezione di un tessuto diverso da quello delle note lenzuola. Scalano la classifica dei luoghi dell’amore il tavolo e la vasca da bagno (chi non ricorda le scene de Il postino sempre suona due volte o de I Ponti di Madison County?).



(foto da Flickrcc)

La macchina è ormai in fondo alla classifica (chi può scordare le fitte nel costato prodotte dalla leva del cambio in piena performance?). Entrano nella hit parade dei luoghi dell’amore, sia pur timidamente, l’ascensore (il sesso rapido o claustrofobico?) e il cinema, e poi ancora le spiagge deserte o il pedalò in mare aperto (chi non dovesse avere una certa dimestichezza con il nuoto, rinunci: l’imbarcazione si può rovesciare!). Ho letto in questi giorni le dichiarazioni di una cantante, la signora Nives Celzijus, moglie del calciatore Dino Drpic, la quale ha dichiarato che il suo sogno è far sesso sul tetto dello stadio Santiago Bernabeu! Altro che i  piccioni di San Valentino!

venerdì 13 febbraio 2009

Medici o spie?

(foto da internet)
Per dirla con le parole del ministro Maroni, ci vuole un cambio di atteggiamento per affrontare il tema della sicurezza, e per contrastare l'immigrazione clandestina non bisogna essere buonisti ma cattivi, determinati. E nel contesto di queste battute, (più di uno penserà inqualificabili per una persona civile) si inserisce il pacchetto di sicurezza del governo italiano, che, tra le altre cose, contempla la possibilità dei medici di denunciare i clandestini che hanno bisogno delle loro cure.

«Non siamo spie!», scattano i camici bianchi per difendere la dignità della loro professione e fanno appello all’antico giuramento d'Ippocrate, a quel codice deontologico che tutela, a dispetto di tutto e tutti, il principio del segreto professionale. I medici si schierano contro la norma votata al Senato che prevede la denuncia da parte del personale ospedaliero degli stranieri irregolari. Non è un dissenso formale, è una preoccupazione che assedia i luoghi della salute e le coscienze. Si rischia, dicono, una catastrofe sanitaria, una sanità clandestina gestita da gruppi etnici e religiosi, una deriva giuridica. «Per noi non cambia nulla - assicurano - non faremo i poliziotti. Medici siamo e medici restiamo: dobbiamo occuparci solo della salute di chi si affida al pronto soccorso. Non saremo delatori».

(foto da internet)
A Torino, alle spalle del mercato multietnico di Porta Palazzo e a pochi passi dalla “cittadella della carità” fondata da uno dei santi sociali torinesi, c'è un ambulatorio medico di volontari, oltre cento tra medici, infermieri e impiegati “Camminare insieme” (così chiamato per la lettera pastorale del cardinale Michele Pellegrino, ma, in realtà, fondato da Corrado Ferro, socialista, pensionato ed ex segretario regionale della Uil). Qui, da sempre nella storia della Torino extracomunitaria, si presentano quelli che non hanno il permesso di soggiorno e che hanno più paura degli altri. A partire dallo scorso venerdì, quando i Tg e i giornali hanno messo in moto il tam tam: «I medici dovranno denunciare i clandestini» la sala d’aspetto è rimasta vuota. «Per la prima volta in 15 anni.»- racconta Ferro - «E dire che abbiamo assistito gratis più di 30 mila persone, fornito 110 mila prestazioni mediche con una media di 50 passaggi al giorno, dal lunedì al sabato mattina, 7.500 ogni anno». Il calo però era già cominciato dopo l'estate, «quasi il 20 per cento in meno, perché da quei giorni sono scattate le voci e la diffidenza». Ora quelli di “Camminare insieme” stanno preparando un cartello da affiggere alla porta «Noi non denunciamo nessuno».


(foto da internet)
Il pronto soccorso è la “sentinella” della salute di una città, il luogo in cui scattano gli allarmi e dove si può porre rimedio a rischi improvvisi. Che cosa capiterà se i genitori clandestini, per paura, non porteranno più i loro figli malati? Mettere paura agli immigrati sembra soprattutto un problema politico e, peggio ancora, lo è se si cerca di farlo usando i medici.
Spiega preoccupato Amedeo Bianco, presidente della Federazione degli ordini dei medici: «È una norma che va contro l'etica e la deontologia e va contro il principio base della tutela della salute pubblica». Gli irregolari, temendo la denuncia, potrebbero «non curarsi più in strutture riconosciute, creando fenomeni clandestini di cura molto rischiosi». Si potrebbero verificare cose assurde che faranno nascere sanità parallele, clandestine e che sfrutteranno i poveracci, e lo Stato dovrà spendere ancora di più per curare i malati.


(vignetta da internet)
Intanto i medici si cominciano ad interrogare su che cosa diventerà il loro lavoro e se, un giorno, saranno mai costretti alla disobbedienza civile. «Perché se la clandestinità diventerà un reato avremo, oppure no, l'obbligo di denunciarla? L'articolo 365 del codice penale dice che non dobbiamo fare il referto quando esso esporrebbe la persona che stiamo curando a un’incriminazione. Chissà se continuerà a valere. E che giustizia è mai quella che fa diventare colpevole di un reato una ragazza clandestina stuprata o un lavoratore clandestino vittima di un incidente sul lavoro solo perché si presentano in ospedale?».
A Torino, al pronto soccorso delle Molinette, il via vai notturno dei pazienti non si ferma. Il responsabile del reparto borbotta: «Negli stessi giorni in cui la maggioranza di governo dice di battersi per la vita, sceglie di varare una legge e di alimentare una paura che rischiano di far morire i clandestini».

giovedì 12 febbraio 2009

Aceto balsamico

(foto da internet)

Le sue origini sono avvolte avvolte dal mistero. Si dice che derivi dal vino cotto, così caro ai patrizi romani. Nel Medioevo era denominato “sciroppo acetoso” e veniva impiegato come prodotto farmaceutico al quale si attribuivano delle incredibili proprietà terapeutiche. La prima menzione ufficiale di “Balsamico” la troviamo nel “Registro delle Vendemmie e vendite dei vini” della famiglia Este, orgogliosa proprietaria di acetaie private, dove si custodivano i recipienti con questo prezioso liquido che pare fosse capace di risvegliare i morti. Per tutto il Rinascimento l’aceto balsamico compare spessissimo nelle tavole delle teste coronate dell'epoca, in particolare alla mensa dei duchi d’Este. Ludovico Ariosto ne parla in una delle sue Satire dedicata al cugino Annibale Malaguzzi: “in casa mia mi fa meglio una rapa ch’io coco, e cotta s’uno stecco inforco e mondo e spargo poi d’aceto e sapa”.
Le testimonianze sull’aceto balsamico diventano più frequenti nell’Ottocento, attraverso gli elenchi dotali delle nobili famiglie reggiane, giacché all’epoca era frequente arricchire la dote della nobildonna che si maritava con botticelle di aceto balsamico pregiato.

(foto da internet)

Cosa rende così speciale questo aceto? Innanzitutto si elabora non con il vino, ma con il mosto di uva bianca Trebbiano di Modena o Reggio Emilia. Questo succo viene scaldato a fuoco dolce, fino a quando il prodotto risulta molto concentrato e di colore scuro, dopo si aggiunge dell'aceto molto invecchiato, affinché possa iniziare il processo di fermentazione. Infine, l'aceto balsamico inizia la sua "vita" in grandi botti dove il suo volume si ridurrà progressivamente. Una volta raggiunta la concentrazione ideale, il pregiato prodotto viene poi conservato in botti più piccole da 10-15 litri.
E adesso tocca a voi! Eccovi alcune ricette con l'aceto balsamico. Noi ve ne consigliamo una molto semplice, ma squisita: le fragole al balsamico. Ma attenzione, adoperate soltanto aceto balsamico di Modena o di Reggio Emilia!

mercoledì 11 febbraio 2009

I bestemmiatori


(foto da El País)

Sono nato in un piccolo borgo dell'Italia centrale nel quale c'era, un tempo, un solo bar. Si chiamava 'l bar, e basta. Era un bar peso, per dirla alla Benni. Era frequentato esclusivamente da un pubblico maschile e, specialmente nelle serate d'inverno, per entrarci bisognava farsi largo a gomitate. C'erano nuvole di fumo che si potevano tagliare con un coltello. Gli avventori discutevano di politica, del raccolto, del tempo, di sport, delle cose del paese e...  bestemmiavano. In questa zona dell'Italia credo ci sia la più alta concentrazione mondiale di bestemmiatori per metro quadrato. 
Dicono che, dalle nostre parti, le bestemmie, pur nella loro forte trivialità, non sono volgari; sono delle non bestemmie. Le nostre bestemmie ricordano i numeri interi: i numeri positivi sono a destra dello zero, quelli negativi a sinistra, ma il loro valore assoluto è sempre lo stesso. L'opposto di un numero intero è un altro numero con lo stesso valore assoluto ma di segno contrario. Forse più che svalutare e schernire una divinità, dalla nostre parti si nega Iddio affinché esso ci sia, sia presente. Forse si ha bisogno del suo valore negativo per affermarne quello positivo.
Al bar del mio paese ho sentito bestemmie di ogni tipo: il più delle volte erano dirette e taglienti, senza eufemismi. Pensavo che ormai non mi sarei più scandalizzato di niente. Invece, in questi giorni, ho sentito le bestemmie più volgari e indecenti che si possano immaginare.  Quali? Quelle rivolte alla famiglia Englaro: a Beppino e a sua figlia Eluana. 
Voi come definereste affermazioni quali: "E' ancora bella, ha il ciclo mestruale, può concepire un figlio", o ancora "per quanto mi riguarda Eluana Englaro non è morta, è stata assassinata" e "Il padre si è fatto giudice e boia".
Non mi è mai capitato, nelle serate d'inverno passate al bar del mio paese, nel sentire una bestemmia, di volgere il viso dalla vergogna; lo faccio adesso, con un sussulto, dinanzi a tali parole.

martedì 10 febbraio 2009

Un sms per dire basta!

(foto da internet)


Qualche giorno fa, il nostro collega di tedesco, Martin, con un sorrisetto ironico, ma, in fondo, allibito, ci disse che l’Italia non avrebbe mai finito di stupirlo: un ministro che finisce una storia con un sms di dominio pubblico rappresentava qualcosa molto difficile da digerire...

Martin ci disse che sarebbe stata un buon argomento da scrivere sul blog, e lo facciamo, anche se con un po', anzi molta, vergogna!!!

Come si potrebbe spiegare il Belpaese di oggigiorno a uno straniero? O meglio, come fargli capire che il cavaliere non solo sta distruggendo la politica, ma anche il buon costume e non tutti gli italiani sono d'accordo?

L'argomento da sottoporre è di politica, ma, in realtà, è da rotocalco: si tratta della storia d’amore tra il ministro degli esteri Frattini e Chantal Sciuto (per la cronaca, lei, la lady-Farnesina è in realtà «la dermatologa dei vip»): un amore durato nove mesi, con tanto di debutto ufficiale nella romantica Avignone, e che era anche finito sulle copertine dei giornali di gossip. All'inizio, Frattini e Chantal si erano frequentati in segreto. Poi, però, sul ministro degli Esteri erano piovute critiche per essere andato in vacanza alle Maldive durante la crisi in Georgia, e le riviste gossippare si erano scatenate cercando di dare un nome e un volto alla sua nuova fiamma. Alla fine, la rivelazione, con tanto di comunicato. «Tra Frattini e Chantal - aveva annunciato l'ufficio stampa ingaggiato dalla Sciuto - circa quattro mesi fa è scoccata la scintilla d'amore e tutto fa supporre che sia una di quelle rare love story che si contano sulla punta delle dita e che fanno sognare». Il sogno, però, è durato nove mesi e qualche secondo...





(foto da internet)




Infatti, se per annunciare la love story era stata ingaggiata un’agenzia di pubbliche relazioni, con un comunicato stampa corredato di foto della raggiante neo-coppia, che ricostruiva «una di quelle love story che fanno sognare, un amore che va ben oltre la popolarità da copertina», per terminarla è bastato un semplice messaggino telefonico. . Eh sì, oramai la politica è fatta anche di queste cose!!! In questo mondo incantato è bastato un sms per terminare il grande amore!!! Non si può dire che il ministro sia un uomo all’antica! Probabilmente sarebbe demodé dichiarare/concludere il proprio amore in altro modo, ci vorrebbe troppo tempo per pensare le cose giuste da scrivere e toglierebbe troppo tempo alla sua vita da ministro!!! Meglio un sms e un po' di pubblicità!





(foto da internet)



In realtà, sembra che , a corto di idee e progetti credibili, il potere ha imparato a gestire il gossip per farsi tornare utili magagne, speranze, impicci, traumi infantili, sentimenti, storielle, smancerie, delusioni, scherzi, desideri, fobie, pettegolezzi, etc.

Solo un po’ di anni fa storia finita di Franco & Chantal sarebbe stata impensabile!!!


P.S.: cronaca recente, il presidente Berlusconi ha reso noto di aver perso quattro chili!!!

lunedì 9 febbraio 2009

Buono come il pane

(foto da internet)

Il noto proverbio italiano Render pan per focaccia altro non è he la versione nostrana del motto latino Vim, vi repellere licet, ovvero È lecito respingere la forza con la forza. Come al solito, la traduzione in italiano tira in ballo un campo semantico particolarmente caro agli abitanti del Belpaese ma diametralmente opposto a quello del detto originale: la gastronomia. Paradossalmente, però, in questa traduzione il pane non ha un trattamento privilegiato, anzi! Dare pane in cambio di focaccia vuol dire vendicarsi, restituire qualcosa di meno pregiato. Anche in altri proverbi legati al pane questo alimento non ha la migliore delle connotazioni: mangiare il pan pentito: vivere di stenti; tornar al pan duro: vivere nella miseria, a pane e acqua - in punizione, come un carcerato.

Eppure in Italia non è eccessivamente chiara la frontiera tra pane e focaccia, come osserviamo in alcuni siti dedicati a questo alimento, forse perché il pane, in passato l’alimento base della dieta dei poveri, è diventato l’oscuro oggetto del desiderio di chi, seppure a malincuore, cerca di evitarlo per mantenere la linea.

La dieta, e le mode, sono cambiate nel corso dei secoli e dal XVIII secolo il pane inizia sempre più spesso a formare parte delle ricette di specialità regionali, quali zuppe e ripieni.

Nella seconda metà del XX secolo il consumo di pane subisce un crollo, dato che la popolazione può permettersi una dieta più svariata. I fornai reagiscono aumentando l'offerta delle varietà di pane ed impiegano oltre alle farine di cereali tradizionali, anche altre di ingredienti quali patate, soja e noci.

In Italia ogni regione ha varietà di pane e di focaccia diverse, alcune hanno anche ottenuto la denominazione di origine protetta.

E se volete provare a fare i fornai, eccovi due ricette: una di pane ed un'altra di focaccia.






Buon divertimento e buon appetito!

venerdì 6 febbraio 2009

915 post dopo...



Cari chiodini vicini e lontani, il nostro blog compie tre anni! E' già grandicello e tra un po' andrà alla scuola materna! 
Questi tre anni sono pieni di cose, di gente, di novità. In questo periodo abbiamo cercato di non mancare al nostro appuntamento quotidiano -ferie escluse- con i nostri allievi (e con i nostri lettori). Abbiamo avuto la sindrome del post giornaliero: che cosa scrivo ? Che cosa racconto? Non ho nessuna idea...  e siamo arrivati fin qui. Abbiamo scritto 915 post: quasi un compendio della cultura italiana in senso lato. Abbiamo cercato di spaziare su tutti i temi possibili e immaginabili. Abbiamo cercato di scrivere senza annoiare i nostri lettori: alcune volte ci siamo riusciti, altre no. Forse ci è toccato vivere un tempo assai greve in cui la leggerezza è particolarmente difficile...




Un compleanno è sempre una scadenza con cui si fanno i conti. Anche noi abbiamo provato a farli: siamo passati dalle 35.000 visite del 2007, alle 85.000 visite del 2008. Oltre alle fredde statistiche, abbiamo continuato a collaborare con alcuni siti che troverete nella sidebar del nostro blog e abbiamo lanciato delle proposte che hanno avuto un riscontro positivo anche in altre scuole. Il fiore all'occhiello di tutte queste iniziative è, ancora una volta, la collaborazione con la scuola Santa Anna di Quartell e con i chiodini piccini piccini che, ogni tanto, ci leggono con la loro maestra.
A tutti va il nostro ringraziamento.
Per celebrare i tre anni del Chiodo, la nostra collega Angela F. ci ha fatto un regalino: ci ha girato l'indirizzo di un sito web  in cui potrete trovare moltissimi film in italiano!
E ancora: abbiamo trovato una canzone yé-yé dedicata al nostro blog.



Buon compleanno!