venerdì 14 marzo 2008

La comicità di Natalino Balasso

(foto da internet)

Cari chiodini vicini e lontani, primo di andare in vacanza (torneremo on line il primo aprile!), vorremmo presentarvi un bravissimo attore comico: Natalino Balasso.
Balasso
è nato a Porto Tolle (Rovigo), in pieno Polesine, nel 1960. Ha esordito nel 1989 con i monologhi C'è qualcosa che mi lascia perplesso. Nel 1990 e nel 1993 porta in giro per l’Italia altri due monologhi Le uova giganti dell'Isola di Pasqua e Il grande popcorn. Nel 1996 è la volta del Tafano Show, varietà musicale in cui il comico interpreta alcune macchiette. Nel 2000, in Gnorri, Balasso propone una serie indefinita di spettacoli, uno diverso dall'altro, con canovacci vari. Ha anche rivisitato con successo le favole di Esopo.
Dalla sua terra d'origine ha preso spunto per alcuni suoi spettacoli: Ercole in Polesine, La tosa e lo storione e Libera nos, su testi di Luigi Meneghello.
Ha partecipato a varie trasmissioni televisive tra le quali ricordiamo Zelig e Facciamo cabaret.

La comicità di Balasso è elegante, basata sui giochi di parole, sulle parodie e sa congiungere la comicità popolare con storie di sapore letterario.

Vi proponiamo alcuni video:

a) Il mito di Ulisse (Prof. Anatoli Balasz)








b) Balasso racconta Esopo








c) La pedagogia









giovedì 13 marzo 2008

Ciao Anna!

(foto da internet)

Due occhi di brace, immensi e appassionati, un corpo bello con il seno prosperoso e le gambe snelle, i capelli corvini, sempre arruffati, una pelle candida, un sorriso contagioso e una risata travolgente, un’impulsività proverbiale, una personalità forte, generosa e al tempo stesso possessiva, persino morbosa. Così era Anna Magnani, come La sciantosa del film, (il termine indica una cantante di caffè concerto o di locali), uno dei massimi talenti del teatro e del cinema italiano, Nannarella, l’autentica diva del realismo cinematografico, un’interprete costantemente in presa diretta con la realtà che rappresentava. In questi giorni del mese di marzo (il 7, ma fu dichiarata il 12), ricorre il centenario della nascita.
Nessuno meglio di Rossellini, nella giovinezza, e Pasolini, nella maturità, ha saputo cogliere e rappresentare. Rossellini in Roma città aperta (1945) affidandole il personaggio della sora Pina, popolana orgogliosa e sanguigna, con slancio e passione memorabili.
Il suo urlo finale ispirerà a Pasolini questi toccanti versi
“Quasi emblema, in noi l’urlo della Magnani
sotto le ciocche disordinatamente assolute,
rinnova nelle disperate panoramiche,
e nelle occhiate vive e mute/
si addensa il senso della tragedia.
È lì che si dissolve e mutila il presente,
e assorda il canto degli aedi”.

E proprio Pasolini in Mamma Roma (1962), ne ha fatto il simbolo dell'impossibile desiderio delle classi subalterne di assimilarsi alla società borghese.
(foto da internet)
In commemorazione, un francobollo speciale da 60 centesimi con il suo volto sarà emesso dalle Poste Italiane e la Zecca conierà una moneta speciale da 5 euro in argento. La moneta avrà su un lato il ritratto dell'attrice e sull'altro un'immagine del film Roma città aperta. «L'emissione della speciale moneta - ha commentato il Sottosegretario del ministero dell’Economia, Paolo Cento - vuole essere il dovuto riconoscimento a Nannarella, inimitabile personaggio della romanità popolana e personaggio chiave del neorealismo cinematografico, così splendidamente interpretato in Roma città aperta, che porta il cinema nelle strade e fuori dagli studi, per raccontare l'Italia e il dramma della guerra». «La sua eccezionale capacità interpretativa e la passione per la recitazione - ha aggiunto Cento- gli sono valsi l'Oscar, attribuito, per la prima volta, ad una attrice italiana. Un premio che ne ha fatto un mito della cinematografia mondiale e un simbolo per l'emancipazione della donna in Italia». In una mattina di marzo del 1956, la Magnani venne svegliata da una telefonata nella sua casa romana con la comunicazione di aver vinto l'Oscar per il ruolo di Serafina delle Rose, la furiosa, incantata e primitiva protagonista di La rosa tatuata, personaggio che Tennessee Williams aveva scritto appositamente per Nannarella, diventata poi sua inseparabile amica.



(foto da internet)
È uscito in libreria una nuova edizione aggiornata di Nannarella, il romanzo di Anna Magnani, scritto dal giornalista Giancarlo Governi e presentato dal figlio Luca Magnani, il quale ha anche inaugurato a Palazzo Altieri, dove la madre abitò per tanti, anni fino alla morte nel 1973, le iniziative intitolate “Ciao, Anna”.

Vi lasciamo con l’ascolto di Anna verrà, dedicata all’attrice da Pino Daniele.
Buon ascolto!

mercoledì 12 marzo 2008

Dimore imperiali

(foto da internet)

Sono fortunati i turisti che visiteranno Roma durante le vacanze di Pasqua, perché avranno la possibilità di ammirare due dei siti archeologici più affascinanti della capitale, inaccessibili fino a poco tempo fa: la Domus Aurea e la casa di Augusto.

Il lavoro di restauro e ricostruzione da parte di archeologi, architetti, biologi, esperti di microclima ha permesso la riapertura al pubblico della“casa dorata” di Nerone, dopo la chiusura dovuta al crollo di una parte della volta a seguito di infiltrazioni d’acqua. La meravigliosa dimora venne fatta costruire da Nerone subito dopo l’incendio del 64 d.C. L’imperatore volle che questo palazzo fosse molto più grande e più lussuoso di quello che aveva sul Palatino, con le pareti coperte di marmo pregiato e le volte decorate d’oro e di pietre preziose, tanto da meritare il nome di Domus Aurea. La nuova dimora, progettata dagli architetti Severo e Celere e decorata dal pittore Fabullo, si ispirava alle regge orientali e comprendeva vigneti, pascoli, boschi, un lago artificiale e i tesori saccheggiati nelle città d’Oriente. Fra i preziosi ornamenti del complesso, anche una statua dell’Imperatore nelle vesti del dio Sole.

(foto da internet)

Appena riaperta al pubblico anche la casa di Augusto sul Palatino, un appuntamento da non perdere per gli appassionati d’arte. Sale affrescate con motivi raffinati dai colori straordinari e splendenti, dal rosso pompeiano agli ocra dorati, alla moda di Alessandria. Scoperta negli anni '60 da Gianfilippo Carettoni, oggetto di scavi e poi lavori di restauro durati decenni, appare straordinaria nella sua 'domesticita', la casa dove viveva Augusto prima di diventare imperatore.


(foto da internet)

In tutto sono quattro ambienti: tre al pianterreno, una sala da pranzo (oecus) e un cubicolo, uno al piano di sopra, accessibile attraverso un terrazzo, il cosiddetto studiolo, perché gli studiosi ritengono ospitasse lo studio privato di Augusto. Gli archeologi ritengono che l'opera appartenga all'epoca tardo repubblicana, intorno al 36 a.C., quando Augusto non era ancora imperatore. Anni dopo, proprio per costruirsi una casa più ricca, fu lui a far seppellire questo palazzo, che forse proprio per questo si è conservato.

Se volete ammirare questi capolavori di persona, le vacanze pasquali sarebbero una buona occasione. Che ne dite?

martedì 11 marzo 2008

(Quasi) Pasqua

(foto da internet)

Cari chiodini vicini e lontani, si avvicinano le vacanze di Fallas e quelle di Pasqua. Qualche giorno prima di chiudere il nostro blog per goderci un po' di riposo primaverile, abbiamo pensato di pubblicare un post sulla Pasqua servendoci del prezioso aiuto di Maestro Alberto.

Vi proponiamo le seguenti attività:

Se volete provare a cucinare un dolce tipico pasquale, ecco a voi la ricetta della cosiddette Pardulas, un'ottima specialità sarda (vedi>>).
E per finire, vi proponiamo la storia Il bruco che aveva tanta fame (da Shangrila).

lunedì 10 marzo 2008

Un po' di moda

(foto da internet)

Nelle sfilate parigine per l’autunno-inverno 2008 ci hanno colpito due notizie. La prima è tutta made in Italy: è stata la prima sfilata della lussuosa maison Valentino senza la genialità del suo creatore; la seconda, invece, ci è sembrata una piccola rivendicazione per le donne che, soldi a parte, non hanno poi tante occasioni per sfoggiare quegli abiti che presuppongono un’uscita di solo "bon ton", un'uscita statica. Quei vestiti così irreali e allo stesso tempo troppo reali, perché dicono esattamente l’anno e anche quanto sono stati pagati. Insomma quei vestiti usa e getta, che, dopo essere costati un occhio della testa, non si possono mettere di nuovo in circolazione.

1. È stata definita una svolta garbata quella di Alessandra Facchinetti nel suo primo giorno da Valentino: un Valentino vestito di nuovo e tinto di rosa, che ha passato l’esame. I temi di Valentino si colgono alla prima occhiata anche se sono in versione minimal, riletti con il tratto tipico degli stilisti new generation che riscrivono il lusso dei marchi storici con tratti essenziali, stemperati da un’allure contemporanea fatta di sottrazioni e ricerche minuziose. «Ho voglia di pulizia e di capi classici, non è vero che la gente ama i trend usa e getta. È solo l’inizio, devo ancora fare tanta strada», spiega la Facchinetti sottolinenado la sua entrata in punta di piedi nella maison simbolo del made in Italy, conscia del fatto che Valentino senza Valentino è una sfida difficilissima.

(foto da internet)
Su una pedana rosa cipria fatta a 8, come il simbolo dell’infinito, scorrono gli abiti ripuliti dalle decorazioni, ma con le stigmate del marchio rivolto a un pubblico più giovane. Gonne ad anfora arricciate davanti, sottili cinture concluse da fibbie a fiocco di metallo, bluse con plastron di ruches. E poi giacche a marsina con volant sfuggenti dietro, cappotti geometrici, toilette con scolli a farfalla sulla schiena, tuniche a lamelle.
È un Valentino formato famiglia; il clan Facchinetti si riunisce appassionatamente: in pole position c’è papà Roby, tastierista dei Pooh, il quale afferma contento: «Se il mondo assomiglia a te non siamo in pericolo». E risuonano nella memoria quelle note di Alessandra, canzone dei Pooh e dedicata alla prima figlia del batterista, appunto alla nuova stella del made in Italy.
2. Ad opera dello stilista israeliano Alber Elbaz, genietto di Lanvin, amatissimo per la sua poetica concretezza, si ritorna alla bella camicia bianca, che non ha tempo e fa comodo a tutte averla nell’armadio, perché risolve sempre ogni situazione. Ma soprattutto si guarda la realtà: evviva la donna normale. Ecco il nuovo, portabile, arriva la femme de famille che se ne frega dei trend e la mattina si veste per star comoda e correre tutto il giorno fra la scuola dei figli, il lavoro, il supermercato.

(foto da internet)

Si è detto che Parigi ha chiuso scoprendo il fascino discreto delle persone vere, con i piedi per terra, le rughe, la cellulite... Per queste clienti si è creato un guardaroba anonimo e pratico. «Il sexy e il glamour puzzano di muffa. Basta con il retrò fatto di abitini, cappottini e giacchettine da signora bon ton. Vince la modestia e tutto ciò che è sussurrato, lo show off è un orrore». Insomma sembrerebbe che Elbaz predichi bene e ... razzoli meglio.
La tecnologia rende anche l’abbigliamento più confortevole, aerodinamico, per la vita frenetica di tutti i giorni. Lo stilista parte da un nastro di gros grain srotolato e lo trasforma in tessuto applicandolo sul tulle. Da lì nascono paltò, gonne, giacche da buttare in acqua e non stirare. Aria vissuta, tagli al vivo, volumi ampi. In poche parole: largo e stropicciato è chic.
Ma chissà se sarà davvero un piccolo aiuto per chi non preferisce stirare e/o non ha tempo per farlo. Vedremo, i prezzi sveleranno il mistero!!!

domenica 9 marzo 2008

Punto pizzo-free

(foto da internet)

Alle 18:30 di ieri è stato inaugurato a Palermo il primo negozio pizzo-free. Si tratta di un punto vendita di tutti i prodotti degli imprenditori che aderiscono alla campagna del Comitato Addiopizzo “Contro il pizzo cambia i consumi” (leggi post precedente).

Circa 55 metri quadri in pieno centro storico. Sugli scaffali prodotti di 30 commercianti: dalla pasta al vino, dagli oggetti di artigianato alle coppole. Articoli diversi, ma che hanno qualcosa in comune: comprandoli non si aiuterà la mafia. L’iniziativa nasce da un idea di Fabio Messina, già imprenditore di Addiopizzo in passato, che ha creato e messo in funzione nel pieno centro della città un luogo in cui tutti gli operatori economici pizzo-free potranno esporre e vendere i loro prodotti o potranno pubblicizzare la loro impresa. Oltre ad essere un'occasione per tutti gli imprenditori palermitani contro il pizzo, l'Emporio è anche, e soprattutto, un ulteriore passo nella direzione di un’economia pulita, libera dal peso delle estorsioni. Messina per ora conta con i prodotti di 30 commercianti, ma il suo desiderio sarebbe quello di coinvolgere tutti i 241 nomi degli imprenditori che appartengono al comitato Addiopizzo. Ma ha anche un altro desiderio, ben più ambizioso: fare del marchio Punto Pizzo free un franchising da esportare prima in tutta la Sicilia, poi in Italia e, perché no, anche in Europa.

Addiopizzo ha sostenuto sin dall’inizio l’iniziativa di Fabio che, oltre ad avere un alto valore simbolico, rappresenta un’estensione della campagna di consumo critico che valorizza tutte le imprese aderenti alla "lista pizzo-free"e contribuisce a renderle protagoniste di una svolta economica e culturale.

Spiega Messina: “Il mio intento è dimostrare che non pagare alla fine paga, l’importante è stare uniti, come dimostra lo stesso emporio che non si sarebbe potuto realizzare senza l’appoggio delle associazioni e delle singole persone che mi hanno aiutato.”

E voi, che ne pensate di questa iniziativa?

sabato 8 marzo 2008

Le donne che hanno cambiato l'Italia








    Privato e pubblico di donne s'intrecciano nel film Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi (leggi l'intervista>>). Il titolo ricorda una famosa frase di Rosa Luxemburg, ripresa nel 1912 dalle operaie tessili in lotta nel Massachusetts e che diceva: Vogliamo il pane ma anche le rose.

    Pane e rose erano presenti anche nel film di Ken Loach (Bread and Roses) sulla lotta per ottenere salari migliori da parte delle addette alle pulizie a Los Angeles.

    Pane e rose, dunque, per questo 8 marzo. Lo slogan, utilizzato mille volte, ribadisce il concetto dell'importanza dei fabbisogni materiali ma anche della qualità della vita, dei rapporti, della realizzazione personale.
    Alina Marazzi, attraverso suggestivi accostamenti, ha mischiato immagini di repertorio, nastri privati, fotografie, animazione, per coprire circa 20 anni, dai '60 agli '80, di vita pubblica, di battaglie private, di ridefinizione del ruolo della donna in Italia.



    (foto da internet)



    La struttura portante del fim è la biografia delle tre voci narranti, che dà autenticità al racconto, e che sfocia in una riflessione universale che parla di impegno, di paure e di frustrazioni.
    Tra le donne del film si riconosce Adele Faccio, una giovane Emma Bonino e, fuori inquadratura, Jane Fonda accanto alle femministe caricate dalla polizia a Campo de’ Fiori l’8 marzo del 1972, dopo che un commissario, sottilmente ingiurioso, le aveva invitate a sgomberare la piazza andando sul marciapiede.


    Accanto ai volti di italiane più famose, la regista ha saputo coniugare le storie di altre donne, con fatti e circostanze personali confidati ai diari personali, in una sorta di storia parallela.
    E così, nel 1967, Anita è una ragazza timida, introversa, intimorita del mondo e del contatto con il sesso. Si chiede se sia possibile vivere al di fuori delle convenzioni sociali. L’ingresso all’Università occupata è per lei uno shock.


    Teresa, invece, viene accompagnata dal suo ragazzo a Roma per abortire clandestinamente in un anonimo appartamento, mentre sogna di andare a Londra, dove l'aborto è libero. E poi, gli incubi, i rimorsi ma anche una sensazione di rinascita consapevole .
    E ancora Valentina, la più determinata, femminista dello storico circolo di via del Governo vecchio, a Roma. La sua consapevolezza (siamo nel ‘79) della sconfitta della sinistra italiana dopo il 1977 sembra un quadro ben definito di ciò che accadrà nel nostro paese negli anni '80.
    Alina Marazzi aveva esordito nel 2002 con la storia autobiografica Un’ora sola ti vorrei, in cui parlava della madre con problemi mentali che perse piccolissima, utilizzando lettere, diari e filmati di famiglia.



    venerdì 7 marzo 2008

    I vampiri rossi

    (foto da internet)



    Quando in Italia si decise che, in auto, la cintura di sicurezza non sarebbe stata più una scelta personale, bensì un obbligo e, quindi, tutti gli automobilisti avrebbero dovuto allacciarsela, si vociferò che a Napoli si inventarono delle t-shirt in cui era disegnata una cintura nera in diagonale.
    Perché? Ovvio, per gabbare la polizia, che, secondo gli inventori, avrebbe confuso il disegno della maglietta con la vera cintura. In realtà questa era solo una leggenda metropolitana, che è diventata un simpatico aneddoto.
    Ma da Le Iene è stata portata alla luce un’altra notizia, questa volta vera, che ci lascia a primo acchitto un sorriso sulle labbra. E non viene dall'estro partenopeo.
    In provincia di Milano, di Verona e a Perugia i carabinieri hanno sequestrato dei “semafori truffa”.



    (foto da internet)


    In che cosa consiste un “semaforo truffa”? La sospetta truffa è relativa alla durata del giallo che, secondo l'inchiesta della procura, sarebbe volutamente troppo breve. Sì, state leggendo bene: sarebbe appunto “la Legge” a favoreggiare l’illecito, in modo da sanzionare un maggior numero di automobilisti “fotografati” mentre passano con il rosso. Le multe, quindi, serviranno a rifondere, in parte, anche le magre casse dell'amministrazione comunale della povera Italia.

    Il Codice stradale stabilisce che i tempi del verde e del rosso devono tener conto del traffico storicamente e statisticamente transitante per la strada interessata così come dell’importanza della stessa. Il tempo del giallo, invece, è più complicato, ma, comunque, dovrebbe tenere conto di come è fatto l’incrocio: della distanza dei punti di arresto delle auto dal centro dell’incrocio, della geometria delle strade interessate, e deve essere calcolato in modo da dare tempo ai mezzi presenti di liberare l’incrocio prima di dare il verde all’altra strada.
    È chiaro, col giallo bisogna fermarsi. Ma se il semaforo passa dal verde al giallo nel momento in cui l’autovettura è già in prossimità dello stesso, è da questo momento che il tempo di permanenza del giallo deve essere calcolato, in modo che il rosso arrivi quando quella vettura, alla velocità consentita in quel punto, è transitata ed ha abbandonato l’incrocio.
    Regolazioni diverse sono colpevoli.

    Allora, perché la durata del giallo in questi "vampiri" è così breve? Lo scopo è quello di fare quattrini, anche a discapito della sicurezza. L’episodio riporta alla luce tutto un modo di gestire la sicurezza delle strade: da preventiva, come il Legislatore l’ha pensata, la Norma diventa repressiva con l’odioso scopo di fare cassetta.


    (foto da internet)

    Le macchine di rilevamento della velocità (autovelox, laser, tutor, ecc) raramente sono acquistate dai Comuni, giacché sono prese in affitto ed hanno un costo per l’amministrazione che le utilizza. Pensare che il Comune debba rifarsi, quantomeno, dei costi del noleggio, oltre che logico, appare addirittura legittimo!
    Per il momento le multe sono state annullate, però, come vedete, in tempo di crisi «Il fine giustifica i mezzi»!
    Con buona pace di tutti gli automobilisti!

    giovedì 6 marzo 2008

    Verdone fa il bis (o il tris?)

    (foto da internet)

    Il 1981 fu l’anno del mitico Bianco, rosso e verdone, i cui protagonisti, Furio, Pasquale Ametrano e Mimmo, sono ormai patrimonio dell’immaginario collettivo italiano. Diretto da Carlo Verdone, fu un grande successo e lo si ricorda ancora come uno dei più esilaranti film mai girati in Italia. Il lungometraggio è ormai diventato un cult che ha spinto i fan di Verdone a spedirgli in circa 14 mesi, dal 2006 al 2007, 1400 e-mail in cui richiedevano un altro film con gli storici Furio, Pasquale e Mimmo (ascolta >>).

    Il film prende spunto da un viaggio intrapreso dai protagonisti per andare a votare:
    Pasquale, immigrato estremamente taciturno (che però si prende una rivincita alla fine dell'episodio), parte dalla Germania per raggiungere la sua città: Matera; Furio, nevrotico e pignolo, ispirato al personaggio interpretato da Alberto Sordi ne Lo sceicco bianco, parte da Torino e si dirige con la moglie Magda verso Roma; anche Mimmo, ragazzo ingenuo e imbranato, parte da Verona, dove è andato per prelevare la nonna (interpretata da Elena Fabrizi >>, sorella del grande Aldo >>) per la capitale.

    (foto da internet)

    Il regista ha tentato di accontentare le richieste dei fan ed ha girato Grande, grosso e verdone, in cui i personaggi sono ancora il candido e il cafone, ma il marito logorroico rompiscatole è diventato un padre cinico e assillante. I personaggi ora hanno nomi diversi ed hanno anche qualche annetto (e qualche figlio) in più rispetto all'originale. Il regista afferma di non aver diretto un film a episodi, ma tre "minifilm", in cui si contrappone il candore assoluto della famiglia Nuvolone, alla cafoneria di Moreno Vecchiarutti e sua moglie Enza Sessa e all’ipocrisia del professore universitario Callisto Cagnato (guarda >>).

    Il film esce il 7 marzo in tutte le sale italiane. Siccome non possiamo andare a vederlo, ci accontenteremo dell'anteprima!



    mercoledì 5 marzo 2008

    Giuseppe Di Stefano (in memoriam)

    (foto da internet)


    Si è spento, all'eta di 86 anni, Giuseppe Di Stefano, uno dei tenori italiani più famosi del XX secolo.
    Di Stefano fu protagonista assoluto della Scala negli anni del dopoguerra. Tenore dalla voce bene impostata e con una dizione chiarissima, il suo nome è legato al sodalizio artistico e affettivo con Maria Callas. I due cantarono cantato insieme per la prima volta nel 1951 a San Paolo (Brasile) in occasione di una rappresentazione della Traviata diretta da Tullio Serafin. Assieme alla famosissima cantante greco-americana Di Stefano si esibì, negli anni successivi, in opere e concerti.
    Di Stefano debuttò alla Scala, all’età di 26 anni, nel 1947, nella Manon di Massenet, accanto a Mafalda Favero e l’anno successivo cantò Rigoletto al Metropolitan di New York. Disse addio alle scene nel 1971, con Carmen.
    La Scala gli dedicò un omaggio il 12 dicembre 1997 per i cinquant'anni dal suo debutto, con una serata e una pubblicazione.
    Lo ricordiamo con una sua interpretazione magistrale dell'aria Nessun dorma (Turandot):




    martedì 4 marzo 2008

    I risparmi «dormienti»

    (foto da internet)



    Dice il proverbio “Chi dorme non piglia pesci”, ma, (aggiungerebbe una nuova legge dello Stato italiano: non piglia neppure i risparmi faticosamente centellinati).
    A Frassino, un comune di duecentonovantatré abitanti, nella Valle Varaita, in provincia di Cuneo, c'è una parrocchiale gotica, delle cave in disarmo, un ottimo formaggio e ben 81 libretti di risparmio «dormienti», ovvero immobili da oltre 10 anni, appena censiti dalle Poste italiane. Praticamente un libretto ogni tre abitanti, un record nazionale di soldi dimenticati nelle casseforti altrui. E nella provincia di Cuneo i libretti «dormienti» sembrano essere una costante. Un’epidemia di amnesia? Che cosa succede con la virtù della formica oculata rispetto alla cicala sciampagnona?






    In realtà in queste zone di frontiera, dove un tempo si migrava in Francia per tentare fortuna, è alquanto difficile scoprire che un parente morto, lontano, aveva risparmi da parte, o un libretto occultato in un armadio o in soffitta.
    Nella terminologia burocratica i libretti «dormienti» sono semplicemente i conti che non vengono «movimentati» da almeno dieci anni. Una volta quei denari svanivano, discretamente, nei meandri degli istituti. Ora, per legge, finiranno allo Stato. E di soldi caduti in oblio ce ne sono una montagna, infatti si calcola un tesorone tra i 12 e i 15 miliardi. E tutti gli enti, Banche, Poste, Assicurazioni, dal 17 febbraio scorso, sono obbligati a rintracciare i legittimi proprietari o gli eredi per consegnare loro i denari o chiedere che cosa intendono fare del bel tesoretto addormentato. Tutti stanno mandando epistole in giro per l’Italia, invitando i risparmiatori a farsi vivi, a «risvegliare» i conti con un versamento, un prelievo, o anche una semplice dichiarazione. Ma, se il sonno o il silenzio persisteranno, il gruzzolo verrà trasferito nelle casse dello Stato. E lì, sempre secondo la legge, finirà in un apposito fondo per «stabilizzare» i precari della Pubblica amministrazione o per risarcire le vittime di frodi finanziarie, ovvero gli sventurati cittadini che avevano investito i sudati risparmi della formica nei bond di autorevoli aziende italiane, quali Cirio o Parmalat.
    Gente ancora furibonda. Che non avrebbe nessuna voglia di dormire!

    lunedì 3 marzo 2008

    Quando le stelle fanno bau

    (foto da internet)

    Baustelle è una parola tedesca. La traduzione italiana sarebbe “cantiere”. È anche il nome che tre musicisti di Montepulciano hanno deciso di mettere alla propria band, perché “contiene la parola stelle, l'ironica onomatopea bau e elle, che in francese significa lei.”
    Francesco Bianconi, Fabrizio Massara, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini iniziano a calcare le scene nel 2000, anno in cui riescono ad autoprodurre il primo album, Sussidiario illustrato della giovinezza, che suscita l’interesse sia degli addetti ai lavori che del pubblico per la fusione di diversi stili musicali: vi si ritrovano infatti la canzone d'autore francese e italiana, l'elettronica, la “new wave”, le colonne sonore anni sessanta e la “bossa nova”.

    (foto da internet)

    Nel 2003 registrano il secondo album “La moda del lento”, caratterizzato da una marcata influenza dell’elettronica anni ’80, che ottiene un grande successo di pubblico e critica.
    Il 2005 è l’anno de La malavita, dal quale si estraggono due singoli: La guerra è finita (leggi >>) e Un Romantico a Milano (leggi >>). Antonio Meroni, critico musicale scrive una recensione su M&D Musica e Dischi, in cui esprime il proprio giudizio su questo disco:

    Ci vuole veramente tanto coraggio di questi tempi a voler dichiarare di essere persone che leggono. E quindi pensano. Citare esplicitamente Conrad, Prevert, Dante, Parmenide e articoli che raccontano di piccoli fatti di vita, senza giudicare i protagonisti, non é cosa da poco. Solo per questo i Baustelle meritano tutto il rispetto e l'ammirazione possibile. In più i quattro sanno anche comporre e suonare bellissime canzoni assemblando un album dal titolo esplicito. Colpendo con raffinatezza e grazia. La loro è una delicatezza che potrebbe essere definita antica, educata. Loro non urlano, ma la loro voce è forte e chiara. E la musica arriva dritta e precisa. Come un bisturi o un rasoio. A metà strada tra Ciampi e De André, Lou Reed e Tom Waits, i Baustelle sono una delle più interessanti formazioni italiane di questi anni. La loro forza é nella sincerità. E nel saper scrivere ed eseguire ottima musica. Malavita é un ulteriore passo in avanti rispetto ai precedenti lavori, ed anche una conferma. Per i Baustelle non c'é bisogno di parole: basta ascoltarli.

    (foto da internet)
    Dopo questo album che ha consacrato i Baustelle come una delle band più innovative, raffinate e di spessore del panorama musicale italiano, il 1º febbraio è uscito il loro nuovo disco "Amen" che contiene 15 tracce, tra cui Charlie fa surf (leggi >>), canzone ispirata a Charlie Don't Surf un quadro di Maurizio Cattelan, l'artista italiano vivente più quotato in tutto il mondo, nel quale è rappresentato un bambino con le mani inchiodate al banco di scuola. Francesco Bianconi, leader dei Baustelle, ha dichiarato che si tratta di "un canto di ribellione adolescenziale totale, contro istituzioni, scuola, famiglia e soprattutto religione cattolica”.
    Che ne dite? Vi piacciono i Baustelle?

    domenica 2 marzo 2008

    I freegans


    (foto da internet)

    I freegans non sono né poveri né disperati, non hanno vissuto una guerra, non hanno conosciuto la fame. Possiamo definirli come difensori del buon senso dimenticato. La loro massima è non si butta il cibo nella spazzatura. Cosa fare allora? Facile! Recuperarlo. I freegans, gli anti-consumisti di New York, stanno facendo proseliti anche in Europa.
    Laureati, funzionari ed impiegati che non avrebbero alcuna necessità di aspettare la chiusura dei mercati, dei supermercati e dei ristoranti per fare la spesa gratuita recuperano avanzi inutilizzati, prodotti vicini alla scadenza o confezioni imperfette che andrebbero a finire nella pattumiera. Non si sentono barboni, ma boicottatori dello spreco.
    Obiettivi? Cassette di frutta troppo matura, yogurt quasi scaduti, sacchi di pane invenduto ed altri prodotti che vengono gettati via ogni giorno.

    I freegans battono sul tempo il camion dei rifiuti.
    E’ stato calcolato che negli Usa circa il 40% degli alimenti prodotti finisce nell’immondizia! In Italia, il Corriere della Sera denuncia che circa 4 mila tonnellate di cibo al giorno vanno a finire nella pattumiera. In soldoni: 584 euro a testa buttati via. Tra i rifiuti il 15% di pane e pasta, il 18% della carne e il 12% di frutta e verdura. In media ogni nucleo famigliare getta via l’11% della spesa mensile!

    (foto da internet)

    Il collettivo leader dei freegans europei -Olla Móbil- si trova in Catalogna. Famosi sono i cenoni di capodanno organizzati con prodotti che sarebbero finiti nella spazzatura. Sempre in Catalogna, i consigli freegan sono stati pubblicati nella Guida della sopravvivenza urbana di Alicia, elaborata da una studentessa 24enne -Alicia Martinez- che fornisce indirizzi e orari di mercati e ristoranti, illustra il grado di disponibilità di camerieri e commercianti nel cedere il cibo superfluo, la qualità dei prodotti e persino le condizioni igieniche dei locali!
    Il movimento non si interessa solo al cibo. Il riciclaggio e la mobilità sono altri cavalli di battaglia dei freegans. In Italia sono sorte, in questi ultimi anni, delle interessanti iniziative : il car sharing, che punta sull'acquisto dell'uso effettivo di un mezzo più che sul mezzo stesso e il Matrec il primo catalogo nazionale sui manufatti post-consumo.

    Ah! Molte mamme italiane iniziano a noleggiare bilance e passeggini nelle farmacie di quartiere!

    Che ve ne pare?

    sabato 1 marzo 2008

    CioccolaTÒ


    (foto da internet)


    Vi ricordate il film Forrest Gump? In uno dei suoi ragionamenti strampalati, Forrest, mentre aspettava l’autobus, disse: «La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai cosa ti capita».

    E voi, cosa pensereste se, durante una passeggiata, vi trovereste davanti la fabbrica del cioccolato? Un choco-shock! Uau che meraviglia!

    È quello che vi accadrà se andrete a Torino dal 22 febbraio al 2 marzo. Il Piemonte, infatti, è il maggior centro italiano di lavorazione del “cibo degli dei”. A Torino vi aspetta CioccolaTÒ, una kermesse dedicata alla “cultura” del cacao: dieci giorni di dolce immersione nel mondo del cacao, attraverso percorsi pensati per soddisfare tutti i gusti: dalle degustazioni alle letture ed alle rappresentazioni teatrali in tema di cacao; dai laboratori di maestri pasticceri di fama internazionale a Scuola di CioccolaTÒ e Fabbrica di CioccolaTÒ.

    I gianduiotti, i cunesi o i cremini sono ambasciatori del cioccolato torinese, e le maggiori case di cioccolato in Italia, come Caffarel, Streglio o Venchi sono tutte piemontesi.




    (foto da internet)


    La choco-immersion quest’anno sarà contrassegnata dal principio della creatività nella progettazione, ovvero dal design, visto che il 2008 è l’anno in cui Torino celebra la sua nomina a World Design Capital - capitale mondiale del design – e per questo motivo alcuni degli appuntamenti sono all’insegna del binomio Cioccolato-Design. CioccolaTÒ 2008 sarà dunque l’occasione per scoprire le infinite declinazioni del design applicato al cioccolato, per riscoprire i classici della tradizione e farsi conquistare dalle espressioni più innovative dell’arte cioccolatiera.


    (foto da internet)

    Il titolo di World Design Capital le è stato conferito dall’International Council of Societies of Industrial Design per le sue eccellenze nel design e per lo sforzo progettuale di essersi trasformata da città principalmente industriale a moderna città europea della cultura, basandosi su innovazione e creatività. La Forma, come tema conduttore, ispira le tre aree tematiche dei dieci giorni di feste, degustazioni, laboratori e spettacoli. La prima area è “trasformare”; la seconda è “informare”, e la terza è "formare", con la Fabbrica di CioccolaTò a cura di Silvio Bessone: si potranno seguire le fasi di lavorazione del cioccolato, dalla tostatura alla creazione della forma.



    P.S.: Quando si parla di cioccolato, e per di più torinese, non si può non menzionare quella crema che, da bambini (e non solo) ci ha sempre portato nel paese felice: la Nutella.

    Buona degustazione!